Cinque grandi torchi; due enormi vasche ottagonali per raccogliere il succo del frutto della vite e il lavoro degli uomini; quattro grandi magazzini che fungevano da cantine per l’invecchiamento e la commercializzazione del vino; forni per la cottura delle anfore d’argilla in cui veniva conservata la bevanda alcolica. Sono questi i numerosi e importanti resti rinvenuti negli ultimi due anni di quello che si dice sia il «più grande impianto di pigiatura d’epoca bizantina conosciuto al mondo».
A segnalarlo sono gli archeologi dell’Autorità israeliana per le antichità (Aia) che curano una campagna di scavi nell’ambito dello sviluppo urbanistico della città di Yavne, 30 chilometri a sud di Tel Aviv, coordinato dall’Autorità israeliana per il territorio. Si noti – segnala Eli Eskozido, direttore generale dell’Aia – che «quello di Yavne è un mega-scavo dell’Autorità israeliana per le antichità: interessa una superficie di 20 ettari».
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Millecinquecento anni fa, intorno al IV e V secolo, «Yavne era considerata abbastanza importante da apparire su una mappa, con tre grandi chiese, accanto a Gerusalemme», ha spiegato Jon Seligman, co-direttore degli scavi, al quotidiano The Jerusalem Post. «Era essenzialmente una città cristiana e sede episcopale, ma sappiamo che vi abitavano contemporaneamente popolazioni di ebrei e samaritani».
Fino ad oggi gli archeologi non hanno ancora scavato nell’area in cui si trovava l’antico centro cittadino e non hanno rinvenuto i resti delle chiese, salvo alcuni frammenti di marmi e colonne. Per ora, alla luce delle recenti scoperte, si limitano ad osservare che 1.500 anni fa Yavne era veramente «una potenza mondiale del vino», capace di produrre la bevanda in enormi quantità commerciali: si stima che la produzione annuale fosse di circa due milioni di litri.
Un rinomato vino bianco
Secondo gli archeologi, l’impianto industriale sarebbe stato, molto probabilmente, adibito a produrre il vino Gaza e Ashkelon, denominato così in base ai porti nei quali veniva imbarcato – che si trovano rispettivamente a 45 e 30 chilometri a sud di Yavne – e non alla sua origine. Un po’ come accadeva durante il Medio Evo ai vini di Borgogna in Francia: nei mercati il loro segno distintivo erano le città dove venivano commercializzati (vino Beaune, vino Digione, vino Auxerre) non i luoghi di produzione. La qualità dei vini era confermata dalla loro presenza in determinati mercati cittadini. Talune città diventarono punti di riferimento per la vendita di prodotti di qualità.
Il vino Gaza e Ashkelon era un bianco dolce di prima qualità, menzionato da poeti e viaggiatori. Jon Seligman, nel quotidiano Haaretz riferisce che fu servito alla festa per l’incoronazione di Giustino II a Costantinopoli nel 566.
Veniva esportato dalla Terra Santa a tutto il bacino del Mediterraneo. In particolare in Egitto, Turchia, Grecia e forse anche nel sud Italia, soggiunge Seligman in un video dell’Aia. Il vino era destinato comunque anche alla popolazione locale che lo apprezzava e lo utilizzava – grandi e bambini – come bevanda salutare, alternativa all’acqua, spesso contaminata. A volte il vino veniva aggiunto all’acqua anche solo per migliorarne il gusto.
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«Fino ad oggi nella piana costiera meridionale erano noti altri siti di produzione vinicola, ma ora sembra che abbiamo trovato [a Yavné] il principale centro di produzione di un vino prestigioso», si rallegrano gli archeologi.
Torchi molto antichi
Sembra che il sito sia stato un complesso industriale per migliaia di anni. Gli scavi di Yavne hanno infatti rivelato torchi ancora più antichi risalenti al periodo persiano, circa 2.300 anni fa. Nella Mishnah leggiamo che più tardi – alcuni secoli prima dell’era bizantina – «dopo la distruzione di Gerusalemme, i governanti ebrei migrarono a Yavne [per un certo tempo], e i saggi di Yavne vivevano in una vigna e studiavano la Torah». Ai bizantini subentarono i musulmani, con l’ascesa degli Omayyadi e poi della cultura abbaside che causarono senza dubbio la fine dell’industria vinicola di Yavne, già nel VII secolo.
È previsto che il sito di questi scavi sia messo anche a disposizione dei turisti come parte di un parco archeologico. (c.l.)
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