Il tema delle persone scomparse senza lasciare traccia negli ultimi anni in Iraq irrompe nella campagna elettorale in corso. Le famiglie si aggrappano ad ogni spiraglio di luce e i candidati al Parlamento moltiplicano le promesse.
In piena campagna elettorale per le parlamentari del prossimo 10 ottobre, in Iraq cresce la questione dei civili «scomparsi» e diventa un’arma nelle mani dei candidati, al netto delle richieste al governo attuale – e a quello che verrà – di prendersi le sue responsabilità in merito. Negli ultimi anni, principalmente nelle regioni settentrionali e occidentali del Paese, migliaia di civili iracheni sono stati fatti sparire con la forza – arrestati, detenuti o rapiti – senza che la loro famiglie fossero informate della loro sorte o del loro destino.
Molti candidati nelle province di Anbar, Salahuddin, Diyala, Ninive, Kirkuk, Babel e della cintura di Baghdad, si sono concentrati sulla questione degli scomparsi e hanno promesso alle famiglie di cercare di scoprire cosa è successo loro, al punto tale che sono aumentate le richieste affinché la Commissione elettorale intervenga per monitorare lo sfruttamento della questione umanitaria delle sparizioni forzate ai fini del voto. «Si tratta di un problema importante che preoccupa profondamente migliaia di famiglie, e queste famiglie costituiscono una fetta enorme della popolazione in questi governatorati. Inoltre, questo è un problema di giustizia e di umanità e deve essere risolto», ha dichiarato al quotidiano arabo on line al-Arab al-Jadeed un funzionario della campagna elettorale. Così, centinaia di famiglie stanno incontrando i candidati, dando loro i nomi dei parenti svaniti nel nulla e sperano in risposte concrete.
In questo frangente, però, molti familiari di scomparsi puntano il dito sui candidati che corrono per un secondo o un terzo turno e che siedono in parlamento da tempo. «Il problema è che le famiglie come la nostra sono così disperate che si aggrappano a chiunque quando si tratti di ottenere informazioni sul destino dei propri figli», dice Haj Fadel al-Rawi, i cui due figli sono stati rapiti nella provincia di Anbar anni fa e che ha non ha mai saputo nulla di loro. «Sappiamo che la maggior parte delle promesse sono bugie, e che i candidati cercano solo voti, ma non abbiamo scelta: teniamo acceso solo un piccolo barlume di speranza affinché i nostri figli ci vengano restituiti. Quantomeno viviamo nella speranza di sapere cosa è successo loro. All’epoca, questi casi di “desaparecidos” sono stati abbandonati nei fascicoli a causa della pressione della politica sulla magistratura », ha aggiunto.
Il governo, intanto, pare riluttante a indagare, motivo per cui i familiari delle vittime hanno invitato le organizzazioni internazionali a occuparsi della riapertura di questi casi. «Se c’è una primaria responsabilità dei governi – sottolinea l’ex deputato Adnan al-Danbous – è l’occultamento del loro numero e del loro destino perché ci sono state indagini e dunque abbiamo le informazioni necessarie. Il problema è che queste informazioni su molti dei dispersi,sono detenute da organismi ufficiali, ma gli enti governativi hanno paura di esporre i gruppi armati – spesso milizie legate a personaggi politici – che sono stati coinvolti in queste operazioni».
Al momento non esiste una banca dati ufficiale, tuttavia i politici e le organizzazioni per i diritti umani affermano che le persone scomparse sarebbero circa 22mila. Di queste 1.800 sono sparite nella regione di al-Razzaza tra Anbar e Karbala e 763 da Saqlawia ad Anbar, mentre la regione veniva strappata al controllo dello Stato Islamico. Altre 900 sono state rapite nella città di Jurf al-Sakhar (nella provincia di Babel) e 400 nella cintura di Baghdad. Più di 500, infine, sono state rapite a Samarra, nella provincia di Salahuddin.
L’elenco potrebbe continuare, poiché i rapimenti sono avvenuti in molte aree del Paese. Negli anni in cui l’Iraq è stato il principale campo di battaglia nella lotta contro lo Stato Islamico, migliaia di civili sono stati rapiti, principalmente nei governatorati di Anbar, Salahuddin, Mosul, Baghdad, Diyala, Kirkuk e Babel, per motivi politici e settari. I politici che si stanno occupando degli scomparsi hanno parlato del coinvolgimento di fazioni armate e di milizie nelle operazioni di rapimento e di sparizione.