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L’estate olimpica del Medio Oriente

Terrasanta.net
20 agosto 2021
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L’estate olimpica del Medio Oriente
Una pesista egiziana alle Paralimpiadi. (foto Comitato Paralimpico Internazionale)

Il 24 agosto si inaugurano a Tokyo i Giochi Paralimpici, cui partecipano atleti di quasi tutti i Paesi di Medio Oriente e Nord Africa. Visti i risultati dell’edizione precedente, dagli atleti della regione potrebbero arrivare più successi che dai loro colleghi delle Olimpiadi appena concluse. Alcuni numeri e curiosità.


È stato un atleta trentenne del Qatar, figlio di emigrati sudanesi, uno dei volti più noti delle Olimpiadi 2020 che si sono appena concluse a Tokyo. Mutaz Barshim, infatti, ha vinto la gara di salto in alto condividendo il gradino più elevato del podio con Gianmarco Tamberi, in uno dei momenti simbolici dell’edizione di quest’anno, dopo avere superato l’asticella a 2,37 metri. «Spero che entrambi saremo di ispirazione, sostenere il prossimo è il dono più grande», ha scritto Barshim in un tweet». A Tokyo il piccolo e ricchissimo emirato del Golfo, che spesso «acquista» atleti stranieri per potere raggiungere i successi sportivi cui ambisce, ha ottenuto anche un altro oro, nel sollevamento pesi, con Fares Elbakh, atleta di origine egiziana.

Egiziana è anche la karateka di 22 anni, Feryal Abdelaziz, unica a conquistare la medaglia d’oro (categoria + 61 kg) per il suo Paese. L’Egitto ha vinto anche una medaglia d’argento e quattro bronzi con la delegazione più ampia di tutto il Medio Oriente e Nord Africa (139 atleti). Altre due egiziane sono salite sul podio, arrivate terze nel karate e taekwondo. Tutti i Paesi del Medio Oriente e Nord Africa hanno preso parte alle Olimpiadi di Tokyo, e tutti, con eccezione degli Emirati Arabi Uniti, avevano una presenza di donne nelle loro quadre.

Complessivamente i Paesi arabi non hanno portato a casa molti successi alle Olimpiadi (18 medaglie in tutto): l’oro è stato conquistato nell’atletica anche dal marocchino Soufiane El Bakkali ha vinto nella gara dei 3000 siepi, mentre il nuotatore tunisino Ahmed Hafnaoui è stato il più veloce nei 400 metri stile libero. Una medaglia di bronzo è stata vinta nel sollevamento pesi (categoria sopra i 109 kg) dal siriano Man Asaad. La Siria, nonostante la guerra, era presente ai Giochi, con 6 atleti.

Meglio è andata all’Iran, con tre ori (tiro a segno, lotta greco-romana e karate) e un totale di 7 medaglie. Altri successi nella regione sono arrivati dal giovane arciere turco Mete Gazoz, e dalla pugile Busenaz Sürmeneli nei pesi welter (la Turchia ha vinto in tutto 13 medaglie).

Record nazionale di ori, infine, per Israele, arrivati grazie alla ginnastica con Artem Dolgopyat, atleta di origine ucraina, e Linoy Ashram campionessa di ginnastica ritmica. Gli israeliani quest’anno hanno vinto anche due bronzi. In tutta la storia delle sue partecipazioni ai Giochi, Israele aveva vinto solo una volta un oro olimpico con il velista Gal Friedman ad Atene nel 2004.

Verso le Paralimpiadi

Ora è il momento dei Giochi Paralimpici che si aprono a Tokyo il 24 agosto e si concludono il 5 settembre. Vi prenderanno parte circa quattromila atleti di 153 Paesi con disabilità motoria, visiva e intellettiva. Si svolgono ufficialmente dall’edizione di Roma del 1960, ma nascono prima, dall’impegno di un medico ebreo tedesco, il neurologo Ludwig Guttman, fuggito dai nazisti in Gran Bretagna e impegnato nel dopoguerra come esperto in lesioni del midollo spinale, nella cura di tanti feriti e invalidi di guerra. Il ricorso agli sport come terapie e riabilitazione fu la sua grande intuizione e già dal 1948 organizzò competizioni con atleti paralimpici. Una idea che nel 1960, con l’azione del medico italiano Antonio Maglio, divennero i primi Giochi Paralimpici, che seguirono di pochi giorni le Olimpiadi di Roma.

Da allora le Paralimpiadi sono cresciute come numero di partecipanti. A Tokyo gli atleti gareggeranno in 540 competizioni di 22 diversi discipline sportive. Quasi tutti i Paesi del Medio Oriente e Nord Africa partecipano, con un numero variabile di atleti. Le delegazioni più numerose sono quelle di Turchia (87) e Iran (62). Complessivamente i Paesi arabi mandano quasi 150 atleti e Israele 33.

Una curiosità statistica: guardando i medaglieri, i Paesi della regione sembrano essere più competitivi proprio alle Paralimpiadi. Nell’edizione del 2016 a Rio de Janeiro, si sono distinti l’Iran, 15° con 29 medaglie complessive, e la Tunisia con 19 medaglie. Si può notare che agli ultimi Giochi olimpici estivi i venti Paesi del Medio Oriente-Nord Africa hanno vinto 42 medaglie su 1080 (poco meno del 4 per cento di tutte le medaglie assegnate), invece nelle ultime Paralimpiadi disputate a Rio de Janeiro nel 2016, conquistarono quasi il 7 per cento dei premi in paglio.

Tra i più grandi campioni ai Giochi paralimpici ci sono la sollevatrice di pesi egiziana Fatma Omar, colpita da poliomielite a un anno di età, vincitrice tra 2000 e 2016 di 4 ori e un argento; e il pallavolista iraniano Ali Golkar Azghandi (3 ori e un argento). Un curdo iraniano, Siamand Rahman, considerato il più forte atleta paralimpico di tutti i tempi, a Rio vinse sollevando poco più di 300 kg (il record tra i normodotati del sollevamento su panca è 335 kg).

La più grande atleta paralimpiche di tutti i tempi resta l’israeliana Zipora Rubin-Rosenbaum, nata nel 1946 e anche lei vittima della polio in un’epoca pre-vaccini: tra il 1964 e il 1988 vinse ben 30 medaglie di cui 15 d’oro, in una serie di discipline diverse che spaziavano dall’atletica al basket su sedia a rotelle, dal nuoto al ping-pong.

Alcuni atleti anche di un altro team provengono dal Medio Oriente: portabandiera della squadra olimpica dei rifugiati a Tokyo è stata la nuotatrice siriana Yusra Mardini, 23 anni, nata a Damasco e fuggita sei anni fa con la famiglia attraverso la Turchia e il mar Egeo verso l’Europa. Dei 29 atleti della squadra olimpica, 9 sono siriani, 5 iraniani e uno iracheno. Anche alle Paralimpiadi 5 atleti uomini e una donna (3 siriani, un iraniano, un burundese e un afghano) gareggeranno, in rappresentanza di oltre 80 milioni di rifugiati nel mondo, 12 milioni dei quali, secondo l’Onu, hanno qualche disabilità. Per arrivare a Tokyo hanno fatto la strada più lunga. (f.p.)

 

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