Nello zoo di Sana'a, capitale dello Yemen, è rinchiuso un gran numero di animali. La guerra in corso ha tagliato i viveri a tutti e ora tre leoni sono giunti allo stremo delle forze. Mobilitazione degli animalisti per salvarli.
In Yemen, la fame è tale che anche il re dei predatori della specie animale deve «adattarsi» a una catastrofe senza precedenti. Da almeno sei anni, diverse organizzazioni animaliste e molti volontari segnalano le condizioni critiche in cui versano gli animali negli zoo, di fatto abbandonati, da Taiz a Sana’a. Ma adesso, dopo sei anni guerra, per tre leoni rinchiusi nello zoo di Sana’a, si è arrivati a un punto di non ritorno.
Ward, Frence e Moklees – questi i nomi dei tre leoni – sono «in condizioni critiche» perché i custodi non hanno abbastanza cibo e son costretti a nutrirli solo una volta la settimana. D’altro canto, le organizzazioni animaliste si guardano bene dal salvarli: un’operazione del genere sarebbe troppo rischiosa per la vita del loro personale e dunque si limitano a denunciare le condizioni di sopravvivenza dei grossi felini, in un recinto «che puzza di morte», secondo gli attivisti.
La tedesca Diane Housel, che descrive con pathos sui social le condizioni degli animali – «Sono depressi. Lo puoi vedere nei loro occhi, lo vedi nei video e nei loro comportamenti. Hanno paura e fame» – e l’attivista britannica Sally Bunting hanno inviato fondi per continuare a sostenere i tre leoni e hanno esortato anche altri a donare alla loro ong che si chiama Amici degli zoo yemeniti.
L’obiettivo delle due donne, a questo punto, è aiutare direttamente i guardiani dello zoo a fornire più cibo ai leoni. «Lo zoo ha bisogno d’aiuto e noi non vogliamo dare la colpa ai guardiani», spiega la Housel. Del resto, il personale dello zoo non viene pagato, eppure si reca sul posto ogni giorno per accudire gli animali che sono ben 700, compresi altri leoni, più sani di Ward, Frence e Moklees.
Il numero degli animali custoditi è spropositato, rispetto alle possibilità di sopravvivenza di una popolazione che affronta – come dichiara l’Unicef da anni – la «peggiore crisi umanitaria al mondo» con 20,7 milioni di persone (il 71 per cento della popolazione totale) che necessitano di assistenza umanitaria. A ciò si aggiunga il fatto che la città di Sana’a, spesso interessata a combattimenti, come la città di Taiz, e sottoposta a un embargo durissimo da anni, resta uno dei luoghi dello Yemen dove un salvataggio di grandi carnivori resta praticamente impossibile ed è impensabile che questi animali possano fuggire dai recinti. «Come gli esseri umani, anche gli animali sono vittime della guerra e hanno bisogno di aiuto», sottolinea Diane Housel.