Alla fine ha gettato la spugna. Saad Hariri era stato investito dell’incarico di formare un nuovo governo nell’ottobre scorso, nel bel mezzo della crisi finanziaria e politica del Libano, esacerbata dalla devastante esplosione del porto di Beirut avvenuta il 4 agosto 2020 e dalla pandemia di Covid-19. Ma a distanza di nove mesi, il primo ministro designato ha annunciato di aver rinunciato all’incarico. «Che Iddio protegga il Libano»: ha affermato oggi al termine dell’incontro lampo col presidente della Repubblica, Michel Aoun, presso il palazzo presidenziale di Baabda, Beirut.
Secondo quanto reso noto in una conferenza stampa, la rottura si è verificata sulla lista dei 24 ministri presentata al capo dello Stato. «Durante le nostre consultazioni, il presidente ha chiesto cambiamenti che considero fondamentali nella struttura del governo», ha detto Hariri ai giornalisti. Tra i motivi di contenzioso, anche la nomina dei ministri cristiani. Hariri avrebbe chiesto al presidente ancora tempo per rivedere la lista, ma Aoun non avrebbe accolto la richiesta. Da qui le dimissioni dall’incarico.
Nella tragica situazione economica del Libano, la notizia ha determinato un nuovo, significativo deprezzamento della lira libanese rispetto al dollaro.
A poche ore dall’incontro tra Aoun e Hariri, il presidente aveva ricevuto gli ambasciatori francese e statunitense in Libano, Anne Grillo e Dorothy Shea. I diplomatici erano di ritorno da Riyadh, in Arabia Saudita, dove avevano cercato una sponda (anche economica) in grado di favorire la formazione del nuovo governo libanese. Ieri, a Washington, il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian e il suo omologo americano, Anthony Blinken, avevano discusso della situazione del Paese dei Cedri e delle mosse per facilitare una soluzione.
Ora il cielo sopra Beirut sembra nuovamente tornato buio. Mentre le file per rifornirsi di carburante e per comperare il pane ai negozi aumentano in tutto il Paese, è più che mai cruciale la nascita di un governo capace di attuare le riforme necessarie per ottenere l’aiuto finanziario internazionale senza il quale il Paese non potrebbe riuscire a rialzarsi. Echeggiano più forti che mai le parole di papa Francesco nel corso dell’incontro tra le Chiese cristiane del Libano del 1 luglio scorso in Vaticano, con la richiesta di una Conferenza come presa di coscienza da parte della comunità internazionale di una crisi profonda ormai non più solo politica. (g.c.)