Quando la festa liturgica dell’apostolo san Giacomo il Maggiore (25 luglio) cade di domenica, in Spagna viene proclamato un Anno santo compostellano (o iacobeo) in onore del patrono del Paese, la cui tomba è venerata nella cattedrale di Santiago de Compostela, nella regione nord-occidentale della Galizia. Il 2021 è uno di quegli anni. In epoca recente sono stati anni santi il 1982, 1993, 1999, 2004 e 2010. Il prossimo ricorrerà nel 2027.
Per la particolare fase storica che stiamo vivendo, con la pandemia di Covid-19 che ancora dilaga in tante parti del mondo, il presente anno santo ha una particolarità: papa Francesco ha concesso di prolungarne la durata a tutto il 2022. Situata geograficamente nell’estrema propaggine occidentale della terraferma europea, la sepoltura dell’apostolo Giacomo (anche Jacopo o Santiago, in spagnolo) dal Medio Evo è andata assumendo un significato simbolico potentissimo, diventando una delle mete classiche e ambite dei pellegrini cristiani di tutto il continente, al pari di Roma e della Terra Santa.
Secondo la tradizione, le spoglie mortali del primo apostolo – che subì il martirio, per decapitazione, a Gerusalemme nell’anno 44 – vennero miracolosamente trasportate in Spagna, dove Giacomo si era recato anni prima a predicare il Vangelo. Il luogo della sepoltura, rimasto ignoto per secoli, fu scoperto nella prima metà del Nono secolo grazie al sogno di un monaco che vide splendere una stella sopra un campo e segnalò il punto esatto al vescovo diocesano Teodomiro, di Iria Flavia. Sul posto venne eretta una chiesa e tutt’attorno si sviluppò l’attuale città che divenne anche il centro della diocesi.
Una divagazione è d’obbligo: quando si parla di reliquie di santi non tutto quadra e collima perfettamente. Secondo i cristiani armeni, le ossa del cranio di san Giacomo il Maggiore sono custodite nella loro cattedrale a Gerusalemme, accanto alle reliquie dell’altro san Giacomo (di Alfeo, o il Minore), che fu il primo vescovo della città – dove morì nel 62 – e seppellì devotamente la testa dell’apostolo già martirizzato nel proprio giardino…
In Spagna non solo la meta, ma anche gli 800 chilometri di «Cammino francese» percorsi dai pellegrini che varcavano i Pirenei per raggiungere Santiago si colorò ben presto di una valenza identitaria non trascurabile: nell’immaginario di molti, il percorso divenne una sorta di linea del fronte tra l’Europa cristiana e l’islam che, da sud, dilagava nella penisola iberica. Anche per questo Santiago, il più delle volte rappresentato nelle vesti di inerme pellegrino, in qualche caso veste i panni del cavaliere che armi in pugno sconfigge l’avversario musulmano (Santiago matamoros), proponendosi come esempio e incoraggiamento per le truppe cristiane.
Gli storici non se la sentono di confermarlo, ma secondo i Fioretti nel 1214 anche san Francesco d’Assisi andò in pellegrinaggio a Santiago de Compostela (un dato è certo: la città galiziana e la culla umbra del francescanesimo oggi sono gemellate).
A partire dagli ultimi due decenni del secolo scorso il Camino de Santiago conosce una stagione di grande popolarità, e non solo tra i pellegrini cristiani. Le ragioni sono sicuramente molteplici. Di sicuro hanno contribuito l’opera pionieristica di don Elías Valiña Sampedro – il parroco del piccolo villaggio di O Cebreiro, che tra l’altro iniziò a tracciare le ormai mitiche frecce gialle che aiutano i pellegrini a piedi a non perdersi e ad evitare il più possibile le strade asfaltate – e il duplice pellegrinaggio galiziano del papa san Giovanni Paolo II: nel 1982 (anno santo compostellano) e nel 1989 (Giornata mondiale della gioventù). Oggi percorrono questa «Via lattea» persone provenienti da tutto il mondo, sospinte dalle motivazioni più varie (anche solo sportive, culturali o esoteriche).
Con l’emergenza pandemica e le chiusure delle frontiere e delle strutture di accoglienza per ragioni sanitarie, nel 2020 anche il Camino de Santiago è andato deserto. Con l’Anno santo i pellegrini, a piedi o in bicicletta, tornano a popolarlo, sia pure con tutte le precauzioni del caso e la preoccupazione dei più allarmisti.
La riscoperta del Cammino ha dato slancio ad altri itinerari storici, come la Via francigena, che attraversa l’Italia da nord a sud, e a un’infinità di percorsi “minori” inventati di recente per collegare tra loro santuari o luoghi dello spirito attraversando panorami naturali suggestivi. In tutta Europa, soprattutto lungo le vie degli antichi pellegrini, c’è un reticolo di chiese dedicate a san Giacomo. Varie città (e diocesi) hanno eletto l’apostolo come proprio patrono. Fra queste c’è Pistoia. In pieno Medio Evo, il vescovo Atto ottenne dall’arcivescovo di Santiago Diego Gelmírez un frammento del cranio dell’apostolo. Dal 1145 la reliquia è racchiusa in un prezioso reliquiario custodito nella cattedrale di San Zeno. Per questa ragione Pistoia, nei secoli andati, venne considerata dai pellegrini una Santiago minor verso la quale dirigere i propri passi, e ancor oggi celebra con solennità la festa patronale il 25 luglio. Il vescovo della diocesi toscana, mons. Fausto Tardelli, ha deciso di valorizzare questo anno santo iacobeo come tempo di grazia, di conversione e di riscoperta della fede e della speranza, in una stagione problematica come quella che stiamo attraversando.
L’anno santo a Pistoia è stato inaugurato con l’apertura della porta santa in cattedrale il 9 gennaio, pochi giorni dopo che analogo rito s’era svolto (il 31 dicembre 2020) a Santiago de Compostela. Per concessione del Papa pure qui in Toscana ci sarà un prolungamento: fino al 25 luglio 2022. Cosa che rallegra anche gli operatori culturali e turistici che vogliono rilanciare le attività cittadine dopo la triste parentesi del 2020. Scrive mons. Tardelli nella lettera pastorale che ha inviato alla diocesi il 27 dicembre 2020: «L’anno santo si celebra in un tempo davvero particolare e molto critico. La pandemia è stata la sorpresa di questi mesi. Ci ha costretto a ridimensionare i progetti, anzi direi quasi ad azzerarli, dovendo “navigare a vista”, come si dice. Dovremo per forza di cose ridurre certe manifestazioni esterne. E quelle che riusciremo a fare, dovremo gestirle sempre con molta attenzione. Ciononostante, proprio di questi tempi, credo che celebrare un anno santo sia qualcosa di provvidenziale. Con la pandemia siamo stati messi di fronte al dolore, alla morte, alla nostra umana impotenza e insieme grandezza; siamo spinti a guardare alle sorti del mondo e al futuro che vorremmo. Tutto questo ci costringe ad entrare più in profondità delle cose, a guardare dentro noi stessi, a ripensare a tutta la nostra vita. E forse è proprio qui che sta il senso di un anno santo». L’auspicio del vescovo è che i fedeli della sua diocesi ritrovino «una fede viva, personale, gioiosa e missionaria». Un augurio che allarghiamo a tutti coloro che in questo anno 2021 vorranno farsi pellegrini, per andare sempre più al cuore di sé stessi e della comunione con Dio.
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Sul tema non perderti l’appuntamento online del 13 luglio 2021.
Eco di Terrasanta 4/2021
Deo Gratias
«Ringraziare Dio» nella vita quotidiana: un’abitudine più rara di un tempo (non così tra chi parla arabo in Terra Santa). Ma, per non perdere stupore e meraviglia, possiamo allenare la nostra vista a riconoscere i doni del Signore