Nel pomeriggio di domenica 23 maggio i francescani hanno promosso nel convento di Monte alle Croci un momento di invocazione per la pace in Terra Santa. Sono intervenuti l'arcivescovo, il rabbino capo e l'imam di Firenze.
(g.s.) – Un cessate il fuoco, doveroso e benvenuto come quello raggiunto in Terra Santa la sera del 20 maggio, non è affatto e non è ancora pace. Lo sanno bene anche a Firenze, la città del sindaco Giorgio La Pira, che di pace era profeta, artefice e instancabile intercessore.
Per la pace occorre lavorare, giorno dopo giorno, tra donne e uomini di buona volontà. Forse ancora prima la pace va chiesta in dono al Cielo, perché è da lì che viene come esperienza che trascende le grettezze, gli interessi di parte, i calcoli (spesso sbagliati) e le meschinità troppo umane.
Per invocare il dono della pace i francescani del Commissariato di Terra Santa della Toscana e del Centro missionario francescano dei Frati Minori di Toscana hanno proposto alla cittadinanza fiorentina un momento di invocazione della pace per la Terra Santa che si è svolto nel pomeriggio di domenica 23 presso il convento di Monte alle Croci (poche decine di metri sopra piazzale Michelangelo, andando verso San Miniato).
«La situazione drammatica che sta vivendo la terra che è il cuore delle tre religioni monoteiste, terra di preghiera e mèta di pellegrinaggio per molti credenti, non può lasciarci indifferenti – dicono fra Matteo Brena, Commissario di Terra Santa, e fra Giuseppe Caro, animatore del Centro missionario –. È nostro desiderio e compito, nel solco dell’esperienza di Francesco di Assisi, sensibilizzare il più possibile la città di Firenze a sentire l’urgenza del dono della pace per quella terra e per le comunità che la abitano».
Lo speciale momento di incontro non si è svolto in chiesa, ma nel frutteto del giardino del convento che un tempo si estendeva sino all’attuale piazzale Michelangelo. Uno spazio verde che è insieme luogo di lavoro per i frati e di contemplazione del panorama di Firenze, città che ha una profonda tradizione in materia di convivenza, confronto e dialogo per la pace.
Complice anche una radiosa giornata di sole, si è formata un’assemblea numerosa e variegata per etnie e appartenenze religiose, nel rispetto delle norme di prudenza anti-Covid-19. Dopo una breve introduzione di fra Matteo Brena hanno preso la parola, uno dopo l’altro, il cardinale arcivescovo Giuseppe Betori, il rabbino capo della comunità ebraica cittadina Gad Fernando Piperno e l’imam Izzeddin Elzir, della comunità islamica di Firenze. Dopo una breve introduzione da parte di un frate le tre personalità religiose prenderanno la parola e pronunceranno ciascuna la propria invocazione per la pace.
L’arcivescovo di Firenze ha riportato le parole di papa Francesco dell’incontro interreligioso dello scorso ottobre che affermano che nessuno si salva da solo, che ci si salva insieme e che a partire da una appartenenza religiosa si può diventare artigiani della pace capaci di aprire ponti che avvicinano e strade che uniscono.
Il rabbino Piperno – che ha constatato l’intensità del momento che si stava vivendo – ha sottolineato che per un ebreo la Terra Santa è intesa come Terra di Santità dove chi la abita ha il dovere di starci con un atteggiamento degno di Dio. Questo richiede un comportamento attento da parte dell’uomo che la abita, ma chiede anche all’uomo di dare spazio a Dio che nutre la terra con la pioggia che arriva dal cielo. Ha inoltre sottolineato che tutti gli uomini hanno bisogno della dimensione dello shabbat vale a dire della cessazione di tutte quelle dinamiche che portano a un conflitto, e il riconoscimento dell’altro per quello che è e non per quello che ha.
L’imam, al suo primo intervento pubblico dopo l’esperienza della malattia del Covid-19, ha ringraziato per la vicinanza dimostratagli dai capi delle comunità cattolica ed ebraica e ricordato come il dono della pace sia chiaramente un dono di Dio, che necessita di qualcuno in grado di accoglierlo perché non vada sprecato, così come accadere con i frutti di un albero.
La lettura della Preghiera semplice, tipica della tradizione francescana, ha chiuso il momento religioso.
Proprio perché la pace non è solo un valore spirituale ma il cemento indispensabile per la convivenza ha poi preso la parola il rappresentante della comunità civile: l’assessore del Comune di Firenze Alessandro Martini, con delega al dialogo con le confessioni religiose. Martini ha ringraziato i francescani per l’iniziativa e trasmesso i saluti del sindaco Dario Nardella. L’assessore ha poi sottolineato di essere venuto per ascoltare e per unirsi alla preghiera per la pace con lo sguardo su Firenze, città laica ma non laicista e quindi capace di accogliere tutte le confessioni religiose e favorire per loro la libera espressione e crescita.
Prima del congedo, i tre leader religiosi cittadini hanno piantato insieme un ulivo che sarà un ricordo di questo momento vissuto insieme, ma anche segno che la pace ha bisogno di lavoro e di cura perché sia vera e fruttuosa nel tempo.
—
Clicca qui per il video dell’evento