Gli Emirati Arabi Uniti lanciano una sonda verso Marte, nel 50° anniversario della loro indipendenza. La missione, diretta da una giovane scienziata, Sarah al-Amiri, si chiama Speranza.
Alzi la mano chi non si è sorpreso alla notizia che gli Emirati Arabi Uniti si lanciano alla scoperta di Marte. Eppure è così: il 20 luglio gli Emirati hanno lanciato nello spazio la sonda al-Amal (Speranza), battendo sul tempo la Cina (sonda Tianwen-1, in partenza il 23 luglio) e gli Usa (missione Perseverance, 30 luglio) e lasciando a terra la sonda europea e quella russa, fermate dal coronavirus. Amal dovrebbe arrivare nei pressi del pianeta rosso tra sei mesi. Auguri a lei, dunque. Ma soprattutto tanti complimenti alla giovanissima Sarah al-Amiri che, a soli 33 anni, oltre a essere ministro per le Scienze avanzate (nomina nel 2017), è anche il direttore scientifico della missione spaziale emiratina.
Al-Amiri ha studiato negli Usa e si occupa di spazio da sempre. Già da bambina, dice lei. Ovvero da quando, all’età di 12 anni, fu ammaliata da un’immagine di Andromeda, la galassia più vicina alla Via Lattea. Sulla ragazza prodigio ora grava una duplice responsabilità. In primo luogo il successo della missione. Per gli Emirati è una questione di grande prestigio internazionale, visto che il lancio della sonda Amal intende celebrare i primi cinquant’anni di vita degli Emirati stessi. Un fallimento sarebbe un grave smacco, anche perché la missione è svolta in collaborazione con le università americane del Colorado, della California e dell’Arizona.
Ma la seconda responsabilità è forse ancora più grande. Sarah al-Amiri sta svolgendo un grande ruolo di promozione della donna in una regione che, come sappiamo, in questo campo deve ancora fare molti passi avanti. Nella missione Amal le donne costituiscono il 34 per cento di tutto il personale e addirittura l’80 per cento del settore scientifico, quello appunto diretto da Al-Amiri. Un record, se pensiamo che nei pure relativamente liberali Emirati la forza lavoro femminile costituisce solo il 28 per cento del totale. Tutti a tifare Amal, quindi. In pochi casi il nome Speranza fu più adatto di così.
Perché Babylon
Babilonia è stata allo stesso tempo una delle più grandi capitali dell’antichità e, con le mura che ispirarono il racconto biblico della Torre di Babele, anche il simbolo del caos e del declino. Una straordinaria metafora del Medio Oriente di ieri e di oggi, in perenne oscillazione tra grandezza e caos, tra civiltà e barbarie, tra sviluppo e declino. Proveremo, qui, a raccontare questa complessità e a trovare, nel mare degli eventi, qualche traccia di ordine e continuità.
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Fulvio Scaglione, nato nel 1957, giornalista professionista dal 1981, è stato dal 2000 al 2016 vice direttore di Famiglia Cristiana. Già corrispondente da Mosca, si è occupato in particolare della Russia post-sovietica e del Medio Oriente. Ha scritto i seguenti libri: Bye Bye Baghdad (Fratelli Frilli Editori, 2003), La Russia è tornata (Boroli Editore, 2005), I cristiani e il Medio Oriente (Edizioni San Paolo, 2008), Il patto con il diavolo (Rizzoli, 2016). Prova a raccontare la politica estera anche in un blog personale: www.fulvioscaglione.com