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L’arcangelo sulle vie d’Europa

Francesco Pistocchini
15 novembre 2019
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Nel nome di san Michele si sono snodati percorsi nell’Europa medievale, tragitti di pellegrini che erano anche di comunicazione e commercio e che hanno avuto nei luoghi di culto dell’Arcangelo i punti nodali.


L’Europa è disseminata di luoghi di culto dedicati a san Michele. La devozione per l’Arcangelo che con la sua spada scaccia il maligno affonda la storia nei primi secoli del cristianesimo e da Costantinopoli e Roma si diffonde in ogni terra. Alcuni santuari a lui dedicati assumono già nell’alto Medioevo importanza come mete di pellegrinaggi. Tra Monte Sant’Angelo, sulle pendici del Gargano, e Mont Saint-Michel, spettacolare isola-abbazia che si erge tra le maree della costa normanna, ci sono circa duemila chilometri di cammino. A metà di essi, svetta sulla Val di Susa la Sacra di San Michele, uno dei più spettacolari edifici romanici delle Alpi.

San Michele «mèta», san Michele protettore lungo le vie del Medioevo. Dai longobardi ai normanni, dall’VIII al XIII secolo, la via «Micaelica», «Michelita», o «Angelica» è un percorso fondamentale nella storia europea. Struttura le vie di pellegrinaggio lungo l’antica viabilità segnata dai luoghi di un culto, che era promosso da ordini monastici e aristocrazie locali. I percorsi si intrecciano con le vie francigene o con le strade verso i porti da cui partono le navi per il Levante. Osservati su una mappa, i luoghi micaelici più significativi d’Europa si uniscono lungo un asse diagonale in direzione nord-ovest e sud-est. Parte dal monastero di Skellig Michael, un isolotto roccioso dell’Irlanda battuto dai flutti dell’Atlantico, per passare attraverso St Michael’s Mount, dove sorge una fortezza che fu in origine un’abbazia. Questo luogo della costa di Cornovaglia affacciato sulla Manica fa da controparte a Mont Saint-Michel. A sud, invece, oltre Monte Sant’Angelo, tocca le isole greche del Dodecaneso dove a Simi si trova un monastero dedicato all’arcangelo. Per giungere idealmente fino alla Terra Santa, precisamente sul Monte Carmelo. La «Vigna di Dio», monte sacro alle spalle di Haifa. Il monastero carmelitano della Stella Maris, nelle sue origini bizantine, era luogo di culto dedicato all’arcangelo Michele. Una leggenda vuole che la linea, così dritta, fosse stata tracciata dalla spada dell’arcangelo mentre scacciava il diavolo dal Paradiso. A metà di questa diagonale immaginaria, che dall’Irlanda arriva in Terra Santa, e al centro di un tracciato geografico più frastagliato che dalle coste della Manica scendeva ai porti della Puglia, si trova la Sacra di San Michele.

L’abbazia di San Michele della Chiusa, conosciuta come la Sacra di San Michele, si erge su un monte di quasi mille metri sopra la Val di Susa e a circa 60 chilometri da Torino. Circondata dal profilo delle Alpi occidentali nei giorni sereni o emergente da un manto di nuvole basse, la Sacra è uno dei luoghi più suggestivi del Piemonte, che ne ha fatto il proprio simbolo regionale. La sua costruzione risale a pochi anni prima dell’anno Mille, per mano dei monaci benedettini, ma la sua lunga storia ha visto anche periodi di abbandono e rinascita.

Il complesso rivela un’originale struttura architettonica che in fasi successive ha visto elevarsi le costruzioni, romaniche, quindi gotiche e tardogotiche, adattate alle caratteristiche morfologiche del luogo. La Sacra è un edificio denso di spiritualità a guardia di una delle vie di transito più importanti d’Europa, in passato come oggi. Costituiva la prima tappa in territorio italico della via Francigena nella sua diramazione che attraversava il Moncenisio (mentre oggi è più frequentato il transito alpino per il Gran San Bernardo). Ma si pensa che il nome via Michelita sia più antico di Francigena, risalendo alla prima testimonianza sicura (anno 870), un pellegrinaggio a Mont Saint-Michel e alla tomba del suo fondatore, sant’Auberto, compiuta dal monaco Bernardo, autore di un Itinerarium.

Dopo secoli di vita benedettina, l’abbazia subì un lungo abbandono fino al 1836, quando re Carlo Alberto di Savoia volle far rinascere il monumento restaurandolo e assegnando la sua cura alla congregazione religiosa fondata da Antonio Rosmini. Ancora oggi i rosminiani, religiosi e ascritti (laici), curano il luogo e accolgono i tanti visitatori (www.sacradisanmichele.com).

Oltre che in auto o in treno più navetta, alla Sacra si può ascendere a piedi. Ci sono percorsi di circa un’ora e mezza, oppure un più impegnativo itinerario di 60 chilometri da Oulx, con tappe per il pernottamento. O ancora, compiendo 600 metri di arrampicata. Per il panorama, il contesto naturale e la struttura originale, si sale con lo sguardo sempre in alto, attratti dalla vetta, sommità costruita dall’uomo. Lo Scalone dei morti, il Portale dello Zodiaco, la romanica loggia dei Viretti, il trittico cinquecentesco di Defendente Ferrari che raffigura Maria, il Bambino Gesù e l’arcangelo che sconfigge il drago, sono alcune delle opere d’arte più importanti del luogo. I ruderi della torre della Bell’Alda sono avvolti dalle leggende. Nelle visite guidate speciali che si svolgono il primo sabato del mese si possono visitare un museo di oggetti quotidiani del passato, antiche sale di Casa Savoia e la biblioteca.

Se la fondazione della Sacra risale all’anno 983 o 987, tuttavia il culto di San Michele era approdato in Val di Susa già nel V o VI secolo. La venerazione per il primo degli arcangeli è molto antica, come dimostrano un grande santuario dedicatogli da Costantino a Bisanzio (Micheleion), e una basilica romana sulla via Salaria, sorta all’inizio del V secolo e dove il Papa stesso celebrava il 29 settembre. La sua figura è riconosciuta da tutte le religioni abramitiche e Michele è venerato dalle Chiese che hanno il culto dei santi.

Tuttavia, in seguito a una prima apparizione dell’Angelo, il luogo che coagulò maggiormente il culto fu l’antico insediamento nel Gargano, Monte Sant’Angelo. Qui fu costruita un’abbazia che, dalla fine del V secolo, divenne uno dei principali luoghi di pellegrinaggio dei longobardi. Essi fecero di Monte Sant’Angelo un santuario nazionale e un elemento unificatore dei loro territori nella Penisola. Il flusso dei pellegrini là diretti anticipò forse perfino i pellegrinaggi a Santiago.

San Michele arcangelo si pone come il baluardo, dopo Dio, nella lotta alle tenebre e al maligno. Aiuta così a riportare Dio al centro della propria esistenza. A lui è attribuito uno dei compiti più importanti della fede: la salvaguardia contro le forze del male. Solitamente è raffigurato con la corazza e la spada o la lancia da combattente, nell’atto di calpestare Satana rappresentato sotto forma di serpe o di drago. Le sue armi possiedono un valore simbolico: con esse viene trafitto il drago e squarciato il buio delle tenebre. Ridà luce e speranza negli uomini.

A Monte Sant’Angelo i pellegrini ricevevano speciali benedizioni e l’assoluzione anche per i più gravi peccati. Graffiti di mani e piedi, croci sono incisi sulle pietre del santuario e ricordano il passaggio di tanti devoti. Si trovano le più antiche iscrizioni runiche conosciute in Italia che dimostrano come giungessero in Puglia fin dalla lontana Anglia, molto prima che Sigerico di Canterbury, testimone della via Francigena nel X secolo, si incamminasse verso Roma. Da Monte Sant’Angelo passò anche Francesco d’Assisi, cui è dedicato un altare nel santuario. E Francesco, devoto a san Michele, percorre come pellegrino i luoghi micaelici e detta la Regola nella grotta di san Michele a Fonte Colombo presso Rieti.

Il santuario pugliese era in prossimità del porto di Siponto (oggi scomparso), uno dei punti di imbarco delle navi dirette in Oriente, tappa di avvicinamento a Gerusalemme per crociati, mercanti e dignitari, oltre che per uomini di fede.

Capolavori architettonici del romanico, di origine longobarda, e dedicati a san Michele, sorgono a Pavia e a Lucca, centri della via Francigena. Presso l’abbazia di Bobbio c’è un eremo di San Michele fondato da san Colombano lungo il cammino di pellegrinaggio chiamato via degli Abati. A Roma san Michele è inciso sulle pietre di Porta San Sebastiano dove passa la via Appia, una delle principali strade dirette verso il levante. Importanti chiese gli sono dedicate in tutta Europa, da Amburgo a Bruxelles, dalla Polonia alla Spagna, fino alla Scandinavia e alla Russia, segno di una devozione che ancora oggi induce molti a mettersi in cammino e riscoprire antiche strade.

Terrasanta 6/2019
Novembre-Dicembre 2019

Terrasanta 6/2019

Il sommario dei temi toccati nel numero di novembre-dicembre 2019 di Terrasanta su carta. Con un dossier dedicato al Natale di Terra Santa. Una varietà di calendari e di riti cristiani prolunga la celebrazione per molte settimane. Buona lettura!

Magdala, cinquant’anni dopo
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Il Natale degli altri
(g.c.)

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La lunga stagione del Natale a Betlemme. Una molteplicità di calendari e riti. L'introduzione al Dossier che occupa le 16 pagine centrali della rivista su carta.

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