Siamo nel 304 d.C. ad Abitene, una città romana dell’attuale Tunisia, quando 49 cristiani vengono sorpresi di domenica mentre celebrano l’Eucaristia sfidando i divieti imperiali. Infatti, Diocleziano aveva proibito ai cristiani, sotto pena di morte, di possedere le Scritture, di riunirsi la domenica per celebrare l’Eucaristia e di costruire luoghi per le loro assemblee.
Vennero arrestati e condotti a Cartagine per essere interrogati dal proconsole. Molto interessante la risposta che un certo Emerito diede al proconsole che gli chiedeva perché mai avessero trasgredito l’ordine severo dell’imperatore.
Egli rispose: «Sine dominico non possumus»: cioè senza riunirci in assemblea la domenica per celebrare l’Eucaristia non possiamo vivere. Ci mancherebbero le forze per affrontare le difficoltà quotidiane e non soccombere. Dopo atroci torture, questi 49 martiri di Abitene furono uccisi confermando, con l’effusione del sangue, la loro fede.
La risposta di Emerito interroga anche noi oggi: davvero senza Eucaristia non possiamo vivere? È possibile affrontare il cammino della vita senza nutrirci del Pane vivo disceso dal Cielo? Qualche giorno fa, mentre celebravo Messa, per la prima volta – sì, perché si può pregare per anni con gli stessi testi liturgici e cogliere, per Grazia, solo in un preciso istante, la profondità di certe parole – la preghiera eucaristica «quinta» ha catturato la mia attenzione, la mia mente e il mio spirito.
«Guarda, Padre santo, questa offerta: è Cristo che si dona con il suo corpo e il suo sangue, e con il suo sacrificio apre a noi il cammino verso di te». Cristo Eucaristia, con il suo sacrificio, spalanca la strada al battezzato verso il Padre. Senza Eucaristia, cioè senza il Suo sacrificio, senza Cristo che si offre per noi, ci sarebbe preclusa la via del ritorno alla casa del Padre.
Senza «domenica» non possiamo né camminare né vivere.
L’esistenza umana è un pellegrinaggio verso la Gerusalemme del Cielo dove ci attende la Trinità. E tutti sappiamo e sperimentiamo che si tratta di un cammino intriso di sfide quotidiane. Nessuna fatica ci è risparmiata e spesso avvertiamo la sproporzione tra la strada da percorrere e le nostre misere forze. La famiglia, il lavoro, l’educazione dei figli, le relazioni affettive e il bene comune: di cosa abbiamo veramente bisogno per stare di fronte a tutto e non soccombere? Innanzitutto, occorre accettare tutto a partire dalle possibilità di Dio e non dalle nostre.
In altre parole, abbiamo bisogno di stare davanti a tutte le sfide della vita (ma anche alle gioie della vita) non più partendo da noi stessi e dalle nostre misere possibilità ma a partire dall’amore di Dio verso di noi manifestato pienamente in Cristo Gesù.
L’Eucaristia sposta completamente il metro di misura della vita da noi all’amore di Dio per noi. Quando ero novizio mi capitò di leggere un piccolo opuscolo di meditazioni spirituali dove si suggeriva di recitare le parole di san Paolo tutte le volte che si riceveva la Comunione: «Non sono più io che vivo ma Cristo vive in me!» (Lettera ai Galati 2, 20). L’Eucaristia ci fa vivere la stessa vita di Cristo e ci rende Chiesa. Diventa realmente nutrimento che trasforma la nostra vita e la rende capace di percorrere qualsiasi sentiero, anche i più impervi.
Il pellegrinaggio in genere e quello in Terra Santa in particolare è metafora della vita, del cammino della vita. In pellegrinaggio, quotidianamente, si celebra la santa Messa e ci si può accostare alla Comunione nei diversi Luoghi santi.
Papa Francesco non cessa di rimettere al centro della vita cristiana l’Eucaristia: «È tanto importante comunicarsi; è tanto importante andare alla Messa e ricevere la comunione, perché è ricevere il corpo di Cristo, è ricevere questo Cristo che ci trasforma da dentro e ricevere questo Cristo vivo che ci prepara per il cielo». E ancora: «Questo pane di vita, sacramento del Corpo e del Sangue di Cristo, viene a noi donato gratuitamente nella mensa dell’Eucaristia. È ciò che ci sfama e ci disseta spiritualmente oggi e per l’eternità. Ogni volta che partecipiamo alla Santa Messa, in un certo senso, anticipiamo il cielo sulla terra».
Il pellegrinaggio in Terra Santa diventa così un’occasione privilegiata per fare esperienza che senza il sacramento del Corpo e Sangue di Cristo non possiamo vivere, senza non possiamo andare in cielo, anzi, senza non possiamo fare esperienza del cielo già qui sulla terra.
(* Commissario di Terra Santa del Nord Italia)
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