(g.s.) – Le donne palestinesi sono scese in piazza a più riprese, nelle ultime settimane, per chiedere di porre un argine alla violenza di genere e al cosiddetto delitto d’onore, ancora radicato nella mentalità di molte famiglie arabe.
Un fatto di cronaca nera ha messo in moto le proteste: l’assassinio della 21enne Israa Gharib, un’abitante di Beit Sahour – un sobborgo di Betlemme – massacrata di botte dai suoi fratelli che consideravano indecorosi alcuni comportamenti della ragazza che in altri contesti sociali sarebbero ritenuti normali (come pubblicare sui social una foto in compagnia del proprio ragazzo).
Le manifestazioni più recenti per chiedere un cambiamento di mentalità sono state convocate il 26 settembre in città come Haifa, Ramallah, Gaza, Nazaret, ma anche a Beirut (in Libano) e Berlino in Germania, tra i membri della diaspora palestinese. A indirle è stato Taliaat, un movimento spontaneo di donne che vogliono inserire la lotta per la difesa dei loro diritti umani nella cornice del più ampio movimento di liberazione del popolo palestinese. Occorre affrancarsi – dicono – da ogni minaccia e da ogni nemico della propria dignità, che sia un parente e un congiunto in seno alla stessa famiglia o uno Stato straniero che si impone militarmente.
Secondo i media locali, 35 donne palestinesi sarebbero state vittime della violenza di genere nel 2018. Le statistiche ne contano già almeno una ventina in questo 2019.