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Netanyahu promette di annettere la valle del Giordano

Chistophe Lafontaine
12 settembre 2019
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Netanyahu promette di annettere la valle del Giordano
Il premier israeliano durante la dichiarazione alla stampa sull’annessione della valle del Giordano, 10 settembre 2019 (foto Hadas Parush / Flash90)

A pochi giorni dalle elezioni legislative in Israele, Benjamin Netanyahu ha detto di volere annettere «immediatamente» una parte importante della Cisgiordania se vincerà le elezioni il 17 settembre. Una promessa avvelenata.


«Annuncio l’intenzione, con un futuro governo, di estendere la sovranità di Israele alla valle del Giordano e alla parte settentrionale del mar Morto, ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, in un discorso tenuto vicino a Tel Aviv il 10 settembre.
l leader del partito Likud (destra) si è augurato che la misura sia attuata «immediatamente». Per fare questo Netanyahu ha affermato più volte di voler ricevere dagli elettori «un mandato chiaro». Cosa non da poco per lui che, lo scorso aprile, aveva vinto di misura le elezioni politiche, ma non era poi riuscito a formare una coalizione di governo. Per questo Israele torna al voto il 17 settembre.

L’annuncio arriva in un momento particolare: Netanyahu deve essere ascoltato il mese prossimo dalle autorità giudiziarie perché è sotto inchiesta per corruzione, frode e abuso di fiducia. Per questo si gioca la sopravvivenza politica, cercando di beneficiare di una futura legge che gli concederebbe l’immunità. Da qui la necessità di vincere le elezioni.
La promessa di annettere le colonie della valle del Giordano e della parte settentrionale del mar Morto mira a raccogliere il massimo dei voti a destra, evitando che vadano dispersi, impedendogli di avere una solida maggioranza alla Knesset, il parlamento. Ma nulla può confermare che questa strategia elettorale funzionerà.

L’elezioni bis dall’esito incerto

L’esito delle prossime elezioni resta incerto. Serrato è il duello tra Benjamin Netanyahu e Benny Gantz, del partito centrista «Blu e bianco», con i sondaggi che danno i due rivali testa a testa. Tanto più che anche il partito di Benny Gantz si è detto a favore dell’annessione della valle del Giordano. Questa valle si estende dalla città israeliana di Beit Shean, a nord, fino al mar Morto, a sud. Rappresenta, con i suoi 2.400 kmq di superficie, quasi un terzo della Cisgiordania, territorio palestinese occupato da Israele nella guerra dei Sei giorni del 1967. Secondo l’ong israeliana per la difesa dei diritti umani B’Tselem, vivono in questo territorio circa 65 mila palestinesi e 11 mila coloni israeliani.

Nell’annuncio, Netanyahu ha precisato che intende annettere le colonie ebraiche (circa il 90 per cento del territorio della valle del Giordano), ma non i villaggi arabi o città come Gerico. Ha ribadito la promessa di annettere altre colonie della Cisgiordania in una fase successiva, da coordinare con gli Stati Uniti che renderanno noto il loro piano di pace per il Medio Oriente dopo le elezioni israeliane. Netanyahu considera il piano una «opportunità storica» e a questo ha legato i suoi annunci, mentre i palestinesi lo respingono per le posizioni proisraeliane assunte fino a questo momento da Donald Trump.

Avvertimenti dei palestinesi e del mondo arabo

Immediate le reazioni all’annuncio del premier israeliano. In un comunicato, il presidente dell’Autorità palestinese, Mahmoud Abbas, ha minacciato di annullare «tutti gli accordi di pace firmati con Israele e gli obblighi che ne derivano» se Netanyahu darà applicazione a questa misura. Per Hanan Ashrawi, una dei responsabili dell’Olp (Organizzazione per la liberazione della Palestina), secondo quanto riferito da Afp, la promessa di annessione formulata dal premier israeliano è «una flagrante violazione del diritto internazionale, un furto di terra, pulizia etnica». E ha aggiunto: «Non solo distrugge la soluzione dei due Stati (cioè la creazione di uno Stato palestinese che coesista con Israele, finora al centro del processo di pace, ndr), ma ogni speranza di pace».

«Netanyahu è alla ricerca di voti tra l’estrema destra vendendo al suo pubblico l’illusione di potere occupare le terre palestinesi per sempre», ha dichiarato da parte sua, Hazem Qassem, portavoce di Hamas, che è al potere a Gaza. Da qui, poche ore dopo il discorso del premier, sono stati lanciati due razzi, poi intercettati dallo scudo antimissile delle forze israeliane. Queste hanno dovuto brevemente evacuare Netanyahu da un evento pubblico che stava tenendo ad Ashdod e hanno bombardato per rappresaglia quindici posizioni di Hamas nella Striscia di Gaza.

La Giordania, che confina con il territorio in questione, ha avvertito che la decisione di annettere la valle del Giordano «trascinerebbe tutta la regione nella violenza». Il suo ministro degli Esteri, Ayman Safadi, ha dichiarato che il piano di Netanyahu è un «oltraggioso stratagemma elettorale».
L’Arabia Saudita ritiene che le proposte di Netanyahu rappresentino «una escalation molto pericolosa» e una «violazione della Carta dell’Onu», secondo quanto riferisce l’agenzia ufficiale saudita (Spa) che cita la corte. Riyadh ha anche chiesto una riunione urgente dei ministri degli Esteri dei 57 Paesi membri dell’Organizzazione della cooperazione islamica.

Il ministro degli Esteri turco ha definito il piano razzista e incendiario. «La promessa elettorale di Netanyahu – ha scritto su Twitter Mevlüt Çavuşoğlu –, che invia ogni genere di messaggio illegale e aggressivo prima delle elezioni, è quella di uno Stato di apartheid».
Anche in Russia, dove il 12 settembre Netanyahu si è recato per incontrare il presidente Putin, il ministro degli Esteri ha detto che la mossa potrebbe «condurre a una dura aumento della tensione e minare il ristabilimento tanto atteso della pace tra Israele e i vicini arabi».

«La politica di costruzione ed espansione degli insediamenti israeliani – ha detto un portavoce dell’Unione europea – è illegale per il diritto internazionale e la sua prosecuzione e le azioni intraprese in questo ambito compromettono la possibilità di una soluzione dei due Stati e la prospettiva di una pace durevole».

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