In Arabia Saudita la monarchia assoluta concede alle donne nuove libertà personali, anche grazie alle pressioni internazionali. Un passo avanti verso la parità dei diritti civili.
Alla fine, ce l’hanno fatta. Le donne saudite non avranno più bisogno del permesso del guardiano (padre, fratello, marito, comunque sia il parente maschio più prossimo) per andare all’estero, viaggiare, muoversi. Potranno addirittura provvedere da sole a richiedere un passaporto, una carta d’identità, registrare un matrimonio o un divorzio: avere in sostanza piena facoltà ed equiparazione agli uomini sul piano amministrativo. Non solo. Padre e madre – per la prima volta – potranno essere indifferentemente tutori dei figli, iscriverli a scuola, provvedere alle loro carte di identità. E una rivoluzione che in Arabia Saudita non si era mai vista e che rende possibile il passaggio delle donne da cittadine di serie B ai pieni diritti civili, al di là della misura già approvata sei mesi fa che le autorizzava a guidare un veicolo.
Questo primo passo in avanti non è comunque totale e presenta ancora alcuni ostacoli sul piano legale: rimangono infatti in vigore le regole che richiedono il consenso maschile affinché una donna lasci la prigione, esca da un rifugio dove si è riparata per difendersi da abusi domestici o si sposi. Le donne, a differenza degli uomini, non possono ancora trasmettere la cittadinanza ai loro figli e non possono fornire il consenso per i loro figli a sposarsi. Quindi, la chiave per una vita serena delle donne in Arabia Saudita è ancora la fortuna di trovare un padre, un marito, un fratello – un parente prossimo maschio – che sia abbastanza rispettoso e di vedute aperte da esercitare una buona volontà nei confronti delle donne del proprio circolo familiare.
Certo, la misura – resa pubblica sulla gazzetta settimanale ufficiale Um al-Qura del regno saudita – nasce anche da una serie di pressioni internazionali sullo status delle donne in Arabia Saudita. Pressione cresciuta dopo episodi che hanno visto diverse giovani donne fuggire dal Paese, presentando richieste pubbliche di asilo ai governi dei Paesi dove atterravano in aereo. Non è chiaro, comunque, se le nuove regole «rivoluzionarie» siano già entrate in vigore, ma quel che è certo è che queste misure, approvate da re Salman e dal suo gabinetto consentono a qualsiasi persona di età pari o superiore a 21 anni di viaggiare all’estero senza previo consenso e a qualsiasi cittadino di richiedere un passaporto saudita da solo. I cambiamenti sono stati accolti favorevolmente dagli attivisti che affermano che il sistema di tutela dell’Arabia Saudita ha tenuto le sue donne in un limbo legale come «minori perpetui» e che dovrebbero essere completamente smantellate. Certo è che, nonostante l’erede al trono (e sovrano di fatto del Paese) Mohammed bin Salman abbia cercato di presentarsi come riformatore moderno, frenando i poteri della polizia religiosa, che una volta inseguiva le donne «immodestamente» vestite e ormai tollera anche riunioni promiscue in ambienti privati, le attiviste che hanno combattuto questa battaglia per i diritti restano in carcere. E, con loro, chiunque abbia osato sfidare la corona dei Saud.