(g.s.) – È in missione in Siria, in questi giorni, il prefetto del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale, il cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson. Questa mattina, 22 luglio, accompagnato dal nunzio apostolico in Siria, il cardinal Mario Zenari, e da padre Nicola Riccardi, frate minore e sottosegretario del suo stesso dicastero vaticano, Turkson ha incontrato il presidente Bashar al-Assad al quale ha consegnato una nuova lettera personale di papa Francesco (ce n’è una precedente del dicembre 2016). Com’è consuetudine in questi casi, il testo integrale della missiva rimane riservato, ma i media vaticani danno evidenza alla notizia, lasciando filtrare i temi toccati dal Papa.
A spiegare l’intento del messaggio papale, datato 28 giugno, è il segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, in un’intervista ad Andrea Tornielli, pubblicata su Vatican News. Papa Francesco scrive al presidente siriano sulla spinta di motivazioni umanitarie. La Santa Sede è preoccupata per i tanti bisogni della popolazione civile e in particolare di coloro che sono rimasti sotto assedio nella sacca di Idlib. Nella provincia nord-occidentale della Siria, confinante con il territorio turco, «ci sono 3 milioni di persone, di cui 1,3 milioni di sfollati interni», sottolinea Parolin.
Proteggere i civili, cercare la riconciliazione
«Papa Francesco – continua il segretario di Stato – rinnova il suo appello perché venga protetta la vita dei civili e siano preservate le principali infrastrutture, come scuole, ospedali e strutture sanitarie. Davvero quello che sta accadendo è disumano e non si può accettare». Parole che richiamano il governo di Damasco alle sue responsabilità, anche quando affrontano un altro tema, che il cardinale Parolin non elude: quello dei prigionieri politici. Il porporato cita un rapporto del marzo 2018 stilato dalla Commissione internazionale indipendente d’inchiesta sulla Repubblica Araba Siriana che parla «di decine di migliaia di persone detenute arbitrariamente. A volte in carceri non ufficiali e in luoghi sconosciuti, esse subirebbero diverse forme di tortura senza avere alcuna assistenza legale né contatto con le loro famiglie». Parolin sottolinea che secondo la Commissione d’inchiesta «molti detenuti muoiono in carcere, mentre altri vengono sommariamente giustiziati».
Al presidente siriano il Papa chiede di considerare l’urgenza di un processo di riconciliazione nazionale. Va cercata una via d’uscita politica praticabile al conflitto, di concerto con la comunità internazionale. Bergoglio segnala ad Assad tre possibili ambiti dar prova di una volontà di riconciliazione: il rientro in sicurezza degli esuli e degli sfollati interni; il rilascio dei detenuti; l’accesso per le famiglie alle informazioni sui loro cari.
La replica di Assad
Secondo quanto riferisce l’agenzia di informazioni siriana Sana, Assad ha fatto osservare agli emissari del Vaticano che i terroristi dalle aree sotto il loro controllo, e particolarmente da Idlib, mettono ancora in atto «crimini e attacchi contro i civili». Il presidente ha puntato il dito contro le potenze regionali e i governi occidentali che sostengono e armano quelle forze. La prima cosa da fare in favore del popolo siriano, secondo l’uomo politico, è esercitare pressione su quegli Stati, affinché cambino linea e si mettano a perseguire pace e stabilità.