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Il Documento di Abu Dhabi letto dal Cairo

Cristina Uguccioni
21 giugno 2019
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Il Documento di Abu Dhabi letto dal Cairo
La firma del Documento sulla Fratellanza Umana ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, il 4 febbraio 2019.

Gli aspetti più rilevanti del Documento sulla Fratellanza Umana, le ricadute sulla società egiziana, il compito delle religioni monoteiste. Intervista al comboniano Giuseppe Scattolin, islamologo.


«Il Documento sulla Fratellanza Umana firmato ad Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti, lo scorso 4 febbraio da papa Francesco e da Ahmed Al-Tayyeb, grande imam dell’università egiziana di Al-Azhar, ha un’importanza enorme. L’incontro tra il Pontefice e il massimo rappresentante dell’islam sunnita è stato già di per sé un fatto storico: ha mostrato ai popoli che i leader religiosi si incontrano, si accolgono, lavorano insieme per il bene comune. Ciò che è accaduto ad Abu Dhabi apre la strada a un futuro che, se sapremo impegnarci con passione e determinazione, potrà essere migliore per l’intera famiglia umana». Sono parole di padre Giuseppe Scattolin: comboniano, per circa trent’anni è stato docente di mistica islamica al Pontificio istituto di studi arabi e d’islamistica (il Pisai di Roma) e all’Istituto Dar Comboni del Cairo. In questa conversazione con Terrasanta.net padre Scattolin, che sta curando una corposa antologia di mistica islamica, commenta il Documento sulla Fratellanza Umana illustrandone le implicazioni.

Quali elementi di questo testo l’hanno maggiormente colpita?
Sono molti, ne segnalo tre. Il primo è l’esplicito riferimento alla libertà di credo, considerata «diritto di ogni persona». Ritengo inoltre importantissimo che sia stato affermato in modo limpido e inequivocabile che il nome di Dio non può essere usato per giustificare la violenza. Il terzo aspetto è il concetto di fratellanza fondato sulla fede la quale, si legge nella Prefazione, «porta il credente a vedere nell’altro un fratello da sostenere e amare».

Quali aspetti del Documento ritiene particolarmente decisivi per la società egiziana?
Sono due: il primo è la condanna dell’uso della violenza compiuta in nome di Dio cui facevo riferimento poc’anzi. Nel Documento si legge: «Dichiariamo fermamente che le religioni non incitano mai alla guerra e non sollecitano sentimenti di odio, ostilità, estremismo, né invitano alla violenza o allo spargimento di sangue». E ancora: «Noi chiediamo a tutti di cessare di strumentalizzare le religioni per incitare all’odio, alla violenza, all’estremismo e al fanatismo cieco e di smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione». Queste affermazioni, formulate dal massimo rappresentante dell’islam sunnita, sosterranno tutti quei musulmani di buona volontà che condannano l’uso della violenza in nome di Dio, e, al tempo stesso, sottrarrà autorevolezza a chi tenta di diffondere nella società egiziana un pensiero estremista e fanatico basato su una distorta interpretazione di alcuni versetti del Corano che fanno riferimento alla guerra.

Qual è il secondo aspetto?
Potranno influire molto positivamente sulla società egiziana anche le dettagliate indicazioni espresse per tutelare pienamente la dignità di alcune categorie di persone particolarmente vulnerabili: «le donne, i bambini, gli anziani, i deboli, i disabili, gli oppressi». In Egitto, purtroppo, un’ampia fascia della popolazione patisce povertà, esclusione, abbandono. Spero che questo Documento induca tutti a prendersi cura delle persone fragili che spesso non sono oggetto di dedizione e amorevole sostegno come meriterebbero.

In Egitto come è stato accolto il Documento dai cristiani e dai musulmani?
La mia impressione è che sia stato accolto molto favorevolmente da entrambe le comunità di fedeli. Molti si sentono sostenuti e incoraggiati nel loro quotidiano impegno a favore della pace, della convivenza, della cooperazione. Adesso il Documento, che propone affermazioni di straordinaria rilevanza, deve prendere vita; non può languire nelle biblioteche, deve plasmare le società, incluse quelle islamiche. Dobbiamo tutti rimboccarci le maniche e metterci al lavoro. In Egitto è necessario che il Documento sia spiegato e diffuso capillarmente, che diventi pensiero condiviso dal maggior numero possibile di persone in modo da neutralizzare le posizioni fanatiche sostenute dagli estremisti e diffondere uno spirito di benevolenza tra cristiani e musulmani, non di rado tentati dall’antagonismo.

Affinché ciò avvenga qual è la prima iniziativa da promuovere?
A mio giudizio è indispensabile che questo testo sia anzitutto insegnato e studiato nelle scuole. Da parte mia sto compiendo ogni sforzo per sollecitare l’inserimento della Dichiarazione nei percorsi formativi delle giovani generazioni. Noi cattolici, in Egitto, gestiamo circa 170 scuole che hanno in media 1.000 studenti ciascuna: se studieranno il Documento, i nostri alunni cristiani e musulmani potranno fare molto per orientare la società alla comprensione, alla collaborazione, alla fraternità.

Il monoteismo è stato per lungo tempo ritenuto la forma più evoluta della religione, il modo di concepire il divino più coerente con i principi della ragione. Nella cultura occidentale contemporanea, non è più così: ora il monoteismo appare dispotico e violento, una minaccia per la stabilità, il confronto culturale e il progresso delle società civili. In questo contesto culturale, che propaganda disinvoltamente il rapporto intrinseco tra violenza e religioni monoteiste, quale rilevanza ha il Documento?
Ha una rilevanza decisiva: le affermazioni che esso contiene smentiscono con fermezza e chiarezza assolute l’idea, purtroppo diffusa, che la violenza faccia parte dell’essenza delle religioni monoteiste. In realtà, la violenza fa parte dell’umano. Il Documento afferma invece che le religioni possono significativamente contribuire a disinnescare questa violenza e portare pace. Stiamo vivendo un passaggio d’epoca drammatico. La dichiarazione di Abu Dhabi indica tra le cause «più importanti della crisi del mondo moderno una coscienza umana anestetizzata e l’allontanamento dai valori religiosi, nonché il predominio dell’individualismo e delle filosofie materialiste che divinizzano l’uomo e mettono i valori mondani e materiali al posto dei principi supremi e trascendenti». Dobbiamo tutti domandarci: quale futuro desideriamo per l’umanità? Quali valori intendiamo offrire ai nostri ragazzi? Il Documento non riguarda solo il confronto tra due religioni, ma il futuro dell’intera famiglia umana; invita ad allearsi per consegnare alle giovani generazioni i valori spirituali che edificano l’umano e fondano la fraternità: l’amore, la misericordia, la verità, la giustizia e la pace.

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