(d.c.) – Sarà per offrire ai soldati la possibilità di estinguere la «sete di Dio nelle caserme», come dice il generale dell’esercito Ali Habib; sarà perché, come pensa il governo di Damasco, nella figura del ministro della Difesa, generale Hassan Tourkoumani, il fondamentalismo islamico rischia di attecchire negli ambienti militari. Comunque sia, in marzo il governo della Siria ha deciso, in totale controtendenza rispetto a una svolta laicista risalente agli anni ’60, di permettere agli imam di parlare di religione all’interno delle caserme tremite dei corsi di religione inseriti nel curriculum formativo dell’Accademia.
Con buona pace del partito Baath, che nel 1963 riuscì a limitare persino l’orario di apertura delle moschee e ad ammutolire la voce dei muezzin vietando l’uso degli altoparlanti fuori dagli edifici di culto. Come ha dichiarato il gran mufti, lo sceicco Ahmad El Hassoun, all’agenzia AsiaNews, questa iniziativa è una «risposta al fondamentalismo, perché il fondamentalista è un ignorante di Dio», e anche, evidentemente, una minaccia per la laicità dello Stato. Infatti i due generali presenti hanno auspicato la ripresa dei valori perenni della religione, poiché, come essi hanno affermato, «una società privata di Dio, entrerà in conflitto con la storia e con la società».
Alla tavola rotonda intitolata La Siria di fronte alle sfide internazionali, in cui è stata annunciata questa importante misura, erano presenti oltre al gran mufti, Ali Habib e Tourkoumani anche il vescovo greco-melkita Isidor Batikha, che ha chiesto «l’applicazione del principio di reciprocità tra cristiani e musulmani».