Ricurvo su di un minuscolo tavolo, i capelli candidi e disordinati che assecondano il movimento delle mani, padre Armando Pierucci insegue l’ultima luce della sera per completare la trascrizione di uno spartito. Gli occhi mobili scorrono dietro le lenti spesse degli occhiali, mentre in sottofondo più pianoforti intrecciano le loro voci, ora più solenni e sicure, ora più timide. Marchigiano di Sassoferrato («per la precisione di Maiolati Spuntini», tiene a dire), settant’anni suonati, padre Armando era stato mandato a Gerusalemme «in pensione», dopo una vita dedicata all’insegnamento, ma dalla sua passione per la musica è stato guidato su sentieri inimmaginabili. Ha infatti fondato poco più di dieci anni fa il Magnificat, l’istituto musicale della Custodia di Terra Santa. Una scuola per offrire formazione nella musica sacra nei Luoghi Santi, ma anche per offrire ai ragazzi locali, specie ai cristiani, un luogo di crescita e formazione anche spirituale.
Estro armonico. Sassoferrato è un quieto centro dell’entroterra marchigiano, dove sorge un antico convento dei frati minori. Armando nasce nel 1935 in una famiglia di tre fratelli. Il padre muore quando ancora i figli sono piccoli. E per mantenere i pargoli la madre è costretta ad impiegarsi in un pastificio. Armando è buono ma vivace, un poco irrequieto. Un bel giorno – in maniera forse inaspettata – decide di prendere la strada del convento. Fin da bambino, non perde occasione per correre in chiesa a pestare sulla tastiera dell’organo. Ma di studiare, provenendo da una famiglia del popolo, non se ne parla. Men che meno in convento. «Come ho imparato a suonare? Grazie alla mia cocciutaggine – ricorda -. Già da fratino, sui 10-12 anni, avevo questo desiderio. Ma era proibito andare a suonare l’armonium in cappella. Da studente di liceo c’era l’usanza che dopo la messa della comunità un novizio rimanesse a cantare e uno a suonare. A quel tempo l’incaricato dell’organo era padre Stanislao Loffreda, l’archeologo. Dato che era due anni avanti a me, io facevo i conti… Quando andrà via, non ci sarà nessuno capace di suonare. E così ho detto al superiore che mi ci sarei messo io… Sapevo a malapena qualche nota. Mi sono messo a novembre e a febbraio ho suonato la mia prima messa. Da morto, ovviamente. Il confratello incaricato del canto, alla fine mi disse: “Adesso prendi la scopa e vai a spazzare via tutti gli sbagli che hai fatto”. Suonavo da perfetto autodidatta. È stata la mia fortuna ma anche il mio dramma. Quando i superiori si sono rassegnati e mi hanno mandato da un maestro, ero talmente imbaraz zato dei miei limiti che, quando era il momento di provare il pezzo, mi nascondevo».
Lode e armonia.. Una volta diventato sacerdote, i superiori della provincia marchigiana permettono a padre Armando di frequentare il Pontificio istituto di musica sacra di Roma, dove si diploma in Canto gregoriano. Al conservatorio di Napoli studia in seguito pianoforte, diplomandosi anche in musica corale. A Pesaro, rientra to nella sua provincia religiosa, padre Pierucci si diploma in organo.
«La musica è stata tutta la mia vita. Se mi salverò l’anima, molto lo dovrò proprio alla musica, che mi ha permesso di incontrare persone di grande levatura culturale e spirituale. Ho avuto la fortuna di entrare nell’insegnamento in conservatorio a Pesaro, prima con una cattedra di solfeggio, poi con la cattedra di organo. Per 21 anni la mia vita è stata l’insegnamento della musica».
Il Magnificat. Terminato l’insegnamento in conservatorio, per padre Pierucci si apre la prospettiva di un servizio come organista al Santo Sepolcro di Gerusalemme e presso San Salvatore, sede della Custodia di Terra Santa. «Il problema con il quale mi sono subito scontrato è stato quello dell’insegnamento… Non ci può essere musica senza insegnamento. Ho cominciato a insegnare un poco di pianoforte e organo anche ai miei confratelli, ma senza troppi risultati. Nel frattempo facevo lezioni anche ai ragazzi della parrocchia, ma lo studio privato e individuale non portava a granché. Mi dicevano: “Qui con la musica non si vive”. Allora mi sono detto… Apriamo una scuola, osiamo. E ne ho parlato con il Custode. Così dieci anni fa, dal Capitolo, ho avuto il permesso di aprire questa nuova realtà. L’ho voluto fare anche per togliermi uno scrupolo: ero arrivato qui per la musica, e non volevo avere il rimpianto di non avere fatto nulla… Ero assolutamente sicuro che i frati avrebbero detto di no. E invece… Tutti e sessantacinque hanno alzato la mano. Mi hanno trovato i locali, e alle prime lezioni ho avuto subito una ventina di ragazzi. È iniziata così la straordinaria avventura del Magnificat. Oggi nella scuola insegnano docenti sia ebrei che arabi. Nel nostro piccolo, attraverso la musica, vogliamo stabilire ponti e relazioni di amicizia e stima tra le componenti della società israeliana. La musica è uno strumento capace di aprire le menti e i cuori. Muri reali e psicologici fanno vivere questa gente in una condizione di oppressione. La musica ha una funzione anche terapeutica nell’elevare gli animi». Oggi, grazie ad una convenzione con il conservatorio Arrigo Pedrollo di Vicenza, è possibile per gli allievi, al termine dei loro studi, sostenere gli esami e ottenere un diploma con valore legale.
Sguardo al futuro. Dopo dieci anni è giunto per padre Armando il momento di guardare al futuro. «L’istituto costa e riusciamo a sopravvivere grazie al sostegno della Custodia e di tante organizzazioni private che dall’Europa apprezzano il nostro lavoro. So però di dover preparare il futuro, in modo che il Magnificat continui anche dopo di me. Abbiamo da quest’anno affidato la direzione dell’Istituto alla signora Hania Soudah Sabbara, che ha studiato musica, è diplomata ed è la responsabile del nostro coro. Cerchiamo di offrire un posto anche ai nostri diplomati. È giusto che chi ha competenza e professionalità possa trasmetterla ai più giovani. Intanto compongo e prego. Ho scritto cantate e inni liturgici, alcuni raccolti anche in cd. Gerusalemme mi ha fatto scoprire la composizione, il desiderio di creare, di lodare. Cosa sono la musica e l’arte se non il modo più alto per magnificare il Signore?».
Nel gorgo delle brutture quotidiane, nella città che più di ogni altra è sospesa tra terra e cielo, fra Armando ha ormai la sua certezza: «La bellezza ci salverà».