Scrittore e poeta, traduttore di alcuni libri della Bibbia, intellettuale raffinato e attento alla dimensione religiosa. Eppure profondamente laico. Erri De Luca ha un legame originale e viscerale con la Città Santa, «capitale della storia e ombelico della Terra». Un grumo di pietre e di esistenze in cui scorge legami stretti di parentela con la sua Napoli.
Scrittore e poeta, traduttore di alcuni libri della Bibbia, intellettuale raffinato e attento alla dimensione religiosa. Eppure profondamente laico. Un legame originale e viscerale, quello dell’autore di Non qui, non ora, con la città santa, «capitale della storia e ombelico della Terra».
Per raccontare il suo rapporto davvero sui generis con Gerusalemme, Erri De Luca, napoletano, un passato nelle organizzazioni di sinistra, ha accettato di rispondere alle domande di Terrasanta. Un legame che segna oggi indelebilmente la sua attività di saggista e di esploratore del sacro.
«Gerusalemme è una città multipla – spiega – dove le persone sono un concentrato del mondo. È il posto dove tre-monoteismi-tre hanno piantato il loro plesso solare, il centro del loro sistema nervoso. Gerusalemme, come dice la Scrittura Sacra, è l’ombelico della terra. E questo la condanna ad essere città ad altissima tensione. Durante gli anni prima della costruzione del Muro, il sistema nervoso dei cittadini di Gerusalemme somigliava a quello dei napoletani: sovraccaricato, accordato un’ottava sopra, una tensione camuffata da normalità».
Gerusalemme, nonostante tutto, è comunque una città dove andare, anche se De Luca confessa di non essere molto interessato ai Luoghi Santi, quanto piuttosto al senso del pellegrinaggio, che è «un avvicinamento lento, è un tempo: non solo il raggiungimento della meta». Un’ascesa che impegna la vita in uno sforzo interiore di relazione con l’infinito.
L’attualità di Israele e Palestina è segnata, anche, dal «peso» del Muro, che De Luca non considera però una «cicatrice indelebile».
«È solo un muro – dice -. Ha un suo valore d’uso, serve a tenere separati (non rinchiusi) due popoli e a impedire gli attentati suicidi. Certo, poi passa sui piedi di persone che vivono dolorosamente quella separazione; ma rimane solo un muro. Ho fatto il muratore e so per esperienza che i muri si costruiscono e si possono abbattere».
Il testo integrale dell’intervista è pubblicato sul numero di maggio-giugno 2006 del bimestrale Terrasanta, a firma di Roberto Beretta.