(a.g.) – Muta subacquea, maschera e pinne: così i visitatori potranno accedere a un singolare museo custodito dalle acque del Mediterraneo.
L’Istituto di studi marini dell’Università di Haifa ha reso visitabili in mare i resti dell’antico porto romano di Cesarea Marittima. Con un minimo di equipaggiamento i curiosi potranno nuotare e ammirare gli oggetti esposti: un relitto di una nave, le rovine di un faro, un antico frangiflutti, piedistalli e àncore. Sono tutti custoditi tra le fondamenta di una delle meraviglie dell’impero romano: il porto di Cesarea che superava per imponenza quello di Alessandria, di Roma o del Pireo.
Cesarea, eretta da Erode, colui che costruì anche il Secondo Tempio di Gerusalemme, fu capitale della provincia romana di Giudea per 600 anni. Il suo porto fu inaugurato nel 10 a.C. dallo stesso Erode in onore di Cesare Augusto. Per costruirlo si usò un tipo di cemento idraulico messo a punto dai romani: la «pozzolana», un miscuglio di polvere vulcanica del Vesuvio, fango e pietrisco che si indurisce a contatto con l’acqua. Ci vollero dodici anni e migliaia di uomini per portare a termine l’opera: molti furono fatti venire anche da Roma. Tra loro si distinguevano i tuffatori che si immergevano trattenendo semplicemente il fiato oppure in campane subacquee.
Circa cent’anni dopo la sua costruzione, il portò in parte crollò, ma ancora oggi sono visibili le fondamenta originali. A Cesarea sono 36 i siti segnalati lungo quattro sentieri: ai visitatori subacquei viene fornita una mappa dettagliata, per ora in inglese e in ebraico, con tutti i percorsi consigliati. Poi ci sarà solo da trattenere il fiato e ammirare in silenzio.