«La ricchezza del Medio Oriente non è il petrolio, ma il suo tessuto religioso, la sua anima intrisa di fede, il suo essere “terra santa” per ebrei, cristiani e musulmani, il suo passato segnato dalla rivelazione di Dio oltre che da un’altissima civiltà. Anche la complessità del Medio Oriente non è legata al petrolio o alla sua posizione strategica, ma alla sua anima religiosa. Il Dio che si rivela, che appassionatamente serve è un Dio che divide, un Dio che privilegia qualcuno contro qualcun altro. In questo cuore nello stesso tempo luminoso, unico e malato del Medio Oriente è necessario entrare in punta di piedi, con umiltà, ma anche con coraggio».
La percezione del legame profondo tra Medio Oriente e cristianesimo, il coraggio e l’umiltà che necessitano per «vivere da cristiano in una terra non cristiana», la consapevolezza della difficoltà e insieme la tenacia e la speranza che animano la sua sfida, la convinzione di trovarsi in una terra che «può dare molto e ha molto bisogno»: sono questi gli atteggiamenti che hanno fatto di don Andrea Santoro un testimone della fede per tutti i sei anni trascorsi in Turchia, prima che nella sua chiesa di Trabzon, un ragazzino sconvolto dalle vignette satiriche sul profeta, gli sparasse il 5 febbraio 2006.
Come ha dichiarato un giovane della sua comunità, don Andrea «cercava il dialogo sulle cose minime senza pretesa di convertire. Gli bastava esserci». Esserci per spalancare una finestra che consenta a Oriente e Occidente di guardarsi, conoscersi, incontrarsi: una Finestra per il Medio Oriente come ha voluto chiamare l’associazione da lui fondata e alla quale indirizzava le lettere ora raccolte nel volume Lettere dalla Turchia.
In esse si fa egli stesso finestra che «unisce nel suo cuore due amori così distanti» che desidera di mettere in autentica comunicazione i suoi destinatari italiani e il mondo mediorientale. Lo stile è caldo, affettuoso, ma forte, concreto, efficace perché quotidiano. Racconta «le spicciole cose di ogni giorno» e, mettendone in luce il senso e cercandovi «la manifestazione sorprendente della grazia di Dio», fa di ogni accadimento l’occasione di confronto con la Parola, trasformando ogni narrazione in preghiera. Trapela una passione autentica per il cristianesimo che non si lasca sviare né dalla presunzione integralista né dalla debolezza relativista: un cristianesimo che si nutre certamente di attenzione, di conoscenza, di continua riflessione, ma che anzitutto si preoccupa di vivere, di esporsi, che accetta testardo e fiducioso di mettere le mani in pasta e di entrare dentro la realtà a braccia aperte, per dare e per ricevere.
Due sono infatti i volti che il Medio Oriente rivela: uno materno e uno bisognoso. È la terra dove la fede è nata e dove è possibile ritrovare le sue autentiche radici, ma è anche terra di conflitto, di difficile convivenza, dove «c’è tanto bisogno di dimenticare, di perdonare e di chiedere perdono». Don Andrea risponde con due atteggiamenti: gratitudine e accoglienza. Il dialogo, infatti, non è un problema economico, politico, religioso. È una questione umana e spirituale e può prendere corpo solo nella concreta comunione della vita che, se ancorata a Cristo, induce alla riconoscenza per i doni che l’altro concede e affina l’attenzione alle sue domande profonde oltre che immediate.
Per questo don Andrea non parla di dialogo, ma fa dialogo con la sua stessa vita, cercando di renderla in ogni gesto conforme al Vangelo.
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don Andrea Santoro
Lettere dalla Turchia
Città Nuova, Roma 2006
pp. 248 – 10,00 euro