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È quasi scisma nella Chiesa copta

07/07/2006  |  Il Cairo
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È quasi scisma nella Chiesa copta
Egitto. Monaci copti conversano camminando accanto a un palmeto.

In Egitto i copti ortodossi sono turbati dal tentativo di scisma messo in atto negli ultimi giorni da Max Michel, un fedele dissidente che è arrivato a farsi ordinare prete, vescovo e infine patriarca, con il nome di Maximos I. Praticamente un antipapa che si oppone al legittimo patriarca copto Shenuda III in nome di una Chiesa più aperta al confronto con la modernità.


C’è un antipapa in Egitto. All’anagrafe si chiama Max Michel ed è il fondatore e capo carismatico di un movimento sorto oltre due decenni fa come reazione alla immobilità della Chiesa copta ortodossa, legata alle sue tradizioni liturgiche e pastorali, e soprattutto guidata da una gerarchia intransigente in materia di dogma (insensibile, ad esempio, ai problemi dei divorziati). In seno al suo movimento molti copti hanno trovato il loro pane spirituale nelle riunioni presiedute da persone carismatiche, dalla parola facile e persuasiva. Il metodo adottato è quello protestante: celebrazione della parola, canti e sermone.

Il «sant’uffizio» della Chiesa copta ortodossa, dominato dal segretario del Sinodo, anba Bishoi, è riuscito a mettere al bando, o portare sulla retta via dell’ortodossia, tutti i predicatori «liberi», quelli che raccoglievano centinaia e migliaia di fedeli durante le riunioni. Chi non si è arreso, è stato scomunicato. Ma per quanti tentativi siano stati fatti, nessuno è riuscito a fermare il movimento capeggiato da Max Michel. Anzi, quest’ultimo ha fondato «la Chiesa del Mukattam» – cosi chiamata dal luogo dei raduni – e si è fatto consacrare prima sacerdote, poi vescovo e ultimamente patriarca assumendo il nome di anba Maximos I. A imporre le mani per l’ordinazione dei vescovi anglicani statunitensi.

La risposta della Chiesa ortodossa non si è fatta attendere. In prima e ottava pagina del quotidiano al-Ahram, giovedi 6 luglio, i copti condannano la pretesa di Max Michel di autoproclamarsi patriarca con il seguente comunicato:

«La persona chiamata in causa, Michel, ha ottenuto gli ordini sacri da alcuni dissidenti espulsi dalle Chiese ortodosse nel mondo, specialmente negli Stati Uniti d’America. Per questo le ordinazioni sono considerate invalide. Era in contatto con elementi dissidenti della Chiesa ortodossa della diaspora, espulsi dalla Chiesa per le loro stravaganze in materia religiosa. Inoltre Max Michel ammette l’ordinazione di vescovi sposati, in contrasto con le leggi canoniche della Chiesa copta e delle altre Chiese apostoliche. Cerca di sfruttare il problema dei copti divorziati che vogliono risposarsi in chiesa, interpretando a modo suo i comandamenti della Bibbia».

«Invalidi – prosegue il comunicato – sono il sinodo da lui nominato e il seminario teologico da lui aperto. Pubblica una rivista in cui attacca la gerarchia e le tradizioni della Chiesa copta e si chiede al governo di chiuderla. Si ricorda che Max Michel ha frequentato l’Istituto teologico dell’Abbasia negli anni Settanta e dovunque sia andato ha creato problemi. Era ossessionato dall’idea di essere ordinato. Espulso dalla Chiesa ortodossa, ha fondato un movimento religioso, di cui lui è il capo, e ora si è fatto consacrare patriarca della Chiesa indipende ortodossa. È stato riconosciuto solo da alcune Chiese libere americane».

Nel darne notizia, il sito web dell’emittente Aljazeera mette in rilievo proprio il ruolo americano in questa faccenda, come risposta al «rifiuto di Papa Shenuda di normalizzare i rapporti con Israele e permettere ai cristiani egiziani di visitare Gerusalemme». Sempre il medesimo sito, ricorda il legame tra Max Michel e alcune Chiese d’America. «Quando 20 anni fa il Papa decise di proibire tutte le riunioni non autorizzate, tra cui quella di Max, questi partì per gli Stati Uniti dove trovò dissidenti come lui, non solo ortodossi, ma anche di altre Chiese e fu incoraggiato a ritornare nella sua terra e riprendere la predicazione» (i dissidenti citati sono coloro che lo ammisero agli ordini sacri e infine alla consacrazione patriarcale).

Nel medesimo sito un letterato copto, intervistato su questo tentativo di dividere la sua Chiesa, ha risposto che l’evento non influisce affatto sulla comunità copta in Egitto, né sotto il profilo politico né religioso. I copti sono attaccati alla loro terra e alla loro fede. Non si agitano di fronte a questi eventi.

È quello che mi hanno confermato i copti a cui anch’io ho chiesto un parere, sia gente del popolo, sia intellettuali. Una conferma viene dall’Ahram di oggi, 7 luglio: «Non è né il primo né l’ultimo a proclamarsi patriarca» commenta anba Murkos, portavoce del patriarcato, in un’intervista pubblicata a pagina 10. Nella medesima pagina il quotidiano spiega che «il presunto Papa del Mukattam» non si è fatto trovare quando l’inviato del giornale si è presentato all’appuntamento concordato per un’intervista. Nessuno lo ha visto vestire i paramenti pontificali. Solo nelle pagine elettroniche di Aljazeera una foto lo ritrae con le insegna patriarcali mentre consacra – con un sola mano e la tiara in testa – un uomo vestito di nero.

Alcuni interrogativi finali: perché questa nuova «commedia» sulla Chiesa copta? Chi ha interesse a creare problemi? C’è una mano dall’interno della Chiesa, dal governo o dall’estero? Una Chiesa barricata nei suoi dogmi e nelle sue tradizioni in un mondo che cambia che avvenire avrà? Anche questa vicenda sarà dimenticata come quella di tanti altri personaggi che sotto il pontificato di papa Shenuda III (patriarca da 35 anni) hanno avuto il coraggio di suonare il cmpanello d’allarme per cambiare il volto di questa Chiesa? Anba Maximos, in questa sua «parata», ha fatto i conti con la vigile polizia egiziana? Avrà davvero costruito delle chiese con aiuti americano, come dice la gente? In cambio di cosa?

 

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