Shenuda III, patriarca della Chiesa apostolica di Alessandria, da poco rientrato in Egitto dopo un soggiorno per cure in Europa, ha incontrato i giornalisti e non si è sottratto alle domande sul tentativo di scisma in atto tra i copti ortodossi. Dell'autoproclamatosi suo antagonista dice: «Non serve scomunicarlo. Si è già posto da solo fuori dalla comunione con noi». A 83 anni, il patriarca soffre di gravi problemi di salute e la sua Chiesa prepara la successione.
Lunedì 10 luglio papa Shenuda III, patriarca della Chiesa apostolica di Alessandria, ha tenuto una conferenza stampa nella sua sede cairota durante la quale ha affrontato la spinosa questione dello scisma in atto all’interno della Chiesa copta (vedi nostra notizia del 7 luglio).
Ha esordito ringraziando il presidente della Repubblica, lo sceicco di al-Azhar e tutti coloro che si sono interessati al suo stato di salute (è reduce da un viaggio in Germania dove si è sottoposto ad un ciclo di esami clinici nello stesso ospedale dove fu ricoverato il presidente Mubarak lo scorso anno – ndr).
Alla domanda dell’inviato del quotidiano al-Ahram se veramente l’America sostenga e finanzi il progetto dell’«antipapa» Maximos I per una Chiesa copta indipendente, Shenouda III ha risposto: «L’America come Stato, come governo, non è dietro questa scissione, e tanto meno la sostiene o la finanzia. Sono le Chiese indipendenti d’America la causa di questa crisi. In America tutto è possibile in nome della libertà. Laggiù si sono rifugiati i vescovi dissidenti, allontanati dalle loro Chiese. Sono costoro che hanno accolto Maximos nell’Istituto teologico ortodosso Sant’Elia nello Stato del Nevada, lo hanno consacrato sacerdote e quindi vescovo. Prima di rimandarlo in Egitto, per telefono lo hanno nominato arcivescovo. Così facendo hanno violato le norme in vigore sia nelle Chiese orientali che occidentali, le quali non ammettano la consacrazione di un vescovo sposato».
Alla domanda sul perché il ministero degli Interni non intervenga nella faccenda, il patriarca ha risposto: «So che il ministro segue con particolare attenzione il movimento. Finora non è intervenuto nella faccenda, ma neppure ha concesso il permesso per le riunioni. Aspettiamo una sua decisione».
A proposito dell’autoproclamato patriarca Maximos, il papa copto ha affermato: «Dice di avere mille adepti; vuol mettere un vescovo in ogni governatorato, vuol costruire chiese dappertutto. Per chi? Per mille persone?». E poi, contestandogli l’utilizzo illegale delle insegne vescovili: «Non ha diritto di vestirsi in quel modo. Chiediamo al governo di registrare il nostro abito ufficiale, in modo che nessuno se ne appropri».
Altre spinose questioni, i rapporti con Israele, che Shenouda ha sempre rifiutato, e le decisioni che riguardano i divorziati: «In opposizione alle mie decisioni, ha annunziato che organizzerà pellegrinaggi a Gerusalemme e tratterà con Israele. Concederà ai cristiani che hanno ottenuto il divorzio civile la possibilità di risposarsi in chiesa. Questo va contro l’insegnamento evangelico. Lui è un nostro figlio, ha studiato teologia, ha predicato nelle nostre chiese, sa quale è la verità. Se persevera nelle sue convinzioni sbagliate, ho paura per la sua rovina eterna, perché in paradiso non si entra con le vesti rituali o perché si possiede un grado nella gerarchia ecclesiale, ma solo se si ha cuore puro e fede sincera».
Secondo il papa copto nessuno ha fatto ricorso alla giustizia: «Penso che il ministro degli Interni non darà a Maximos il permesso di costituire una nuova organizzazione ecclesiale. D’altra parte questa vicenda non influisce sulla Chiesa copta ortodossa d’Egitto; in questi venti secoli di storia la nostra Chiesa ha vissuto situazioni molto più difficili di questa. Il caso di Maximos non ha bisogno di una condanna disciplinare da parte nostra, ma è una questione che deve risolvere l’amministrazione egiziana. Noi non lo scomunichiamo, perché si è scomunicato da se stesso, allontanandosi dalla fede ortodossa, accecato dall’ambizione di diventare un leader religioso».
Si chiude il sipario su questo tentativo di scisma nella Chiesa d’Egitto? C’è da aspettarsi «un tempo supplementare»? Difficile a dirsi. Una cosa è certa: papa Shenuda è consapevole del suo stato di salute, dell’età, della malattia. Tuttavia resterà fino alla fine al timone della barca di san Marco, per tenerla in equilibrio in mezzo alle tempeste, coadiuvato da fedeli collaboratori. La sua forza? Il Santo Sinodo composto di 87 tra vescovi e arcivescovi. Tra loro sarà eletto il suo successore. Tutti sono discepoli suoi, tutti scelti e consacrati il giorno di Pentecoste, per riaffermare che è lo Spirito Santo la forza della Chiesa.