In ebraico si chiamano machsomim. Sono i posti di blocco voluti dallo stato d’Israele per circoscrivere i Territori occupati. Qui ogni giorno i militari israeliani controllano il passaggio dei palestinesi. Ma con gli occhi puntati addosso: sono essi stessi sorvegliati, guardati a vista. I loro superiori non c’entrano nulla, gli sguardi indiscreti sono quelli femminili del proprio popolo. Sono infatti donne israeliane le militanti di Machsom Watch, l’organizzazione per i diritti civili che vigila sull’operato dell’esercito israeliano. È nata nel 2001 e può contare su circa quattrocento socie. L’età media è abbastanza alta, 50-60 anni, ma non mancano le più giovani e tra queste rampolli illustri che non t’aspetteresti: come Dana Olmert, figlia trentenne del premier israeliano.
L’impegno quotidiano, anche in queste settimane di guerra, è estenuante: due volte al giorno le volontarie, divise in pattuglie, si avventurano lungo i seicento punti di controllo disseminati nei Territori occupati. Saltano da un check-point a un altro passandone al setaccio almeno cinque in circa sette ore di lavoro: osservano e segnalano eventuali soprusi dei soldati, intervengono in difesa dei palestinesi qualora nascessero delle dispute. A fine giornata ogni pattuglia produce un rapporto che verrà poi pubblicato sul sito www.machsomwatch.org
Machsom Watch contesta a priori l’istituzione dei posti di blocco il cui scopo sarebbe solo quello di impedire il libero passaggio dei residenti palestinesi fra i loro villaggi e città. Denuncia soprattutto l’arbitrarietà degli orari di controllo che crea grandi difficoltà agli abitanti dei Territori nel raggiungere i luoghi di lavoro, le scuole o gli ospedali. Le forze israeliane, d’altro canto, non hanno nessuna intenzione di smobilitare. Hanno l’ordine imprescindibile di scovare e fermare potenziali attentatori suicidi e mal sopportano interferenze. L’insofferenza dei soldati per le petulanti militanti di Machsom Watch è spesso palese e condita da insulti volgari. Ma le donne di questa associazione ormai non ci badano più.
«Dopo cinque anni – assicura la loro portavoce Adi Dagan – il bilancio di Machsom Watch non può dirsi certo esaltante. Non siamo riusciti a far rimuovere un solo posto di blocco. Però la nostra è una missione di lungo termine e nell’immediato ci consola l’espressione raggiante delle donne palestinesi quando ci incontrano ai checkpoint». I militari israeliani sono avvisati: le avranno ancora per molto alle calcagna.