Un accordo definito «storico», come si fa nelle occasioni speciali, è stato firmato la scorsa settimana a Londra tra la Comunione anglicana e il Gran rabbinato di Israele.Lo sottoscrivono l'arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, il rabbino capo sefardita Shlomo Amar e il collega askenazita Yonah Metzger. Il documento parla del passato e del presente delle relazioni tra anglicani ed ebrei, con uno sguardo alle preoccupazioni comuni e agli impegni per il futuro. L'abbiamo letto e lo riassumiamo per voi.
Hanno impiegato l’aggettivo «storico» come si fa nelle occasioni solenni. Il 5 settembre scorso i due rabbini capo di Israele – il sefardita Shlomo Amar e l’askenazita Yonah Metzger – e l’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, hanno sottoscritto un accordo in 15 punti per affermare ufficialmente il loro impegno a collaborare e dialogare. La firma è avvenuta presso il palazzo di Lambeth, la residenza di Williams del primate della Comunione anglicana a Londra.
La Dichiarazione comune esamina passato, presente e futuro delle relazioni tra ebrei e anglicani.
Lo sguardo retrospettivo parte dall’ammissione delle responsabilità storiche dei cristiani nella persecuzione degli ebrei. Enumera poi una serie di eventi positivi, tra i quali – al numero 4 – viene menzionato un testo cattolico: il «fondamentale documento Nostra Aetate», ovvero la dichiarazione del concilio Vaticano II sulle relazioni della Chiesa con le altre religioni (pubblicata nel 1965).
Le due parti riconoscono «l’importanza di continuare a sviluppare le nostre relazioni di fiducia con l’Islam», nella convinzione, però, che i legami tra cristiani ed ebrei sono unici «non solo storicamente e culturalmente, ma anche sotto il profilo delle Scritture e, per entrambe le religioni, si radicano nell’unica e omnicomprensiva alleanza di Dio con Abramo, alleanza a cui Dio rimane fedele per sempre».
Incontri come quello settembrino a Londra e tutti quelli che verranno in seguito – recita il testo – si propongono di aprire nuove opportunità di dialogo e comprensione, senza alcun intento di evangelizzare o convertire il proprio interlocutore (n. 7).
I punti dal 9 al 12 si soffermano sulle preoccupazioni che sorgono dall’attualità: l’accrescersi dell’antisemitismo in Europa, in Medio Oriente e nel mondo; la situazione della Terra Santa dove «la popolazione ebrea, cristiana e musulmana continua a soffrire tutte le forme di violenza e le loro conseguenze»; il terrorismo; la negazione del diritto ad esistere dello Stato di Israele; l’assenza di accordo circa i diritti del popolo palestinese.
Le parti si impegnano di nuovo a cercare pace per la Terra Santa e riaffermano il diritto di Israele alla sicurezza e all’autodifesa con mezzi legali.
Prima di chiudere annunciando futuri incontri di reciproco ascolto tra delegazioni del Gran rabbinato e della Comunione anglicana, la dichiarazione afferma – al punto 14 – che le parti «hanno a cuore l’imperativo di cercare i modi per mostrare l’amore di Dio agli altri esseri umani». Auguri!