Giovedì 28 settembre il patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, è stato ospite della diocesi di Mondovì (Cuneo) e ha incontrato un numeroso pubblico di persone interessate ad ascoltare le sue analisi sul presente e sul futuro della Terra Santa. Il vescovo ha previsto che in futuro la sua Chiesa parlerà ancora più lingue.Sul versante politico il patriarca ha parlato della Striscia di Gaza, dove i palestinesi continuano a morire e a soffrire a causa delle incursioni israeliane. Prima di concludere, il vescovo ha rassicurato gli aspiranti pellegrini invitandoli a tornare presto in Terra Santa.
Giovedì 28 settembre i monregalesi hanno partecipato numerosi alle iniziative organizzate per ricordare mons. Giacomo Beltritti, illustre conterraneo che guidò la diocesi di Gerusalemme dal 1970 al 1988. Ospite d’onore il successore e attuale patriarca di Gerusalemme Michel Sabbah, accolto dal vescovo di Mondovì, mons. Luciano Pacomio, dai cavalieri del Santo Sepolcro e dalle autorità locali.
La presenza di mons. Sabbah ha offerto alla folla che ha gremito, in serata, la Casa Regina Montis Regalis di Vicoforte, la possibilità di un aggiornamento sui più recenti avvenimenti nella terra di Gesù. Dopo una panoramica sulla situazione della Chiesa in Terra Santa, mons. Sabbah accenna alle novità e alle prospettive: «Un milione di immigrati russi, di cui il 40 per cento non ebrei, richiedono risorse per l’assistenza pastorale e in futuro ci sarà una Chiesa che parlerà più lingue».
Racconta di una recente conferenza svoltasi a Kyoto (Giappone), dove i capi religiosi di Gerusalemme (anche musulmani ed ebrei) hanno avuto la possibilità di incontrarsi e di confrontarsi più facilmente che in Terra Santa, dove invece sono ostacolati dai permessi e dai check points. «I capi religiosi da noi esercitano una particolare influenza sociale e, se arrivano a parlare una lingua comune, forse possono avere anche più forza politica e favorire la pace», ha affermato il patriarca.
La gente vuole conoscere le conseguenze della guerra del Libano e mons. Sabbah ha spiegato con una certa amarezza che «la guerra in Libano si è fermata, ma non si sono fermate le ostilità a Gaza, dove la gente continua a morire e a soffrire a causa delle incursioni israeliane. Ma non se ne parla». Una spirale di violenza che non porta vantaggi a nessuno, neanche a Israele che continua a vivere nella paura.
Con grande realismo il presule, che da quasi vent’anni è a capo della chiesa a Gerusalemme, accenna a possibili vie di soluzione: «Credo che chi è più forte militarmente ed economicamente – Israele – abbia la possibilità di fermare il ciclo del male, rinunciando alla strategia della violenza, oppure creando condizioni di vita più favorevoli per i palestinesi che ad oggi non vedono prospettive di riscatto sociale e quindi in molti guardano al martirio». E ancora: «Siamo realisti, in 50 anni di guerre non si è arrivati alla pace né alla sicurezza, quindi ci vuole un’altra via, quella di parlare con il nemico, ascoltando le sue necessità, disposti al compromesso pur di vivere in pace!».
Nessuna paura invece per i pellegrini, che da sempre seguono itinerari lontani dalle aree di conflitto: «Si sono giustamente fermati quando a luglio piovevano i missili da Nord, ma ormai la situazione si è normalizzata e sono ripresi i pellegrinaggi».
Monsignor Sabbah ha concluso con un invito a quanti, anche in sala, gli chiedono come sostenere i cristiani di Terra Santa: «Con la presenza dei pellegrini, potente incoraggiamento per chi vive là, maturando la consapevolezza che il conflitto in Terra Santa coinvolge la Chiesa tutta che qui ha le sue radici, infine orientando la carità in progetti concreti».