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In questo numero incontriamo padre Pasquale Ghezzi, Commissario di Terra Santa per la Lombardia. Nato a Sirtori (Lecco) nel 1955, lavora per la Terra Santa dal 2000. «Alla nostra gente - dice - interessa molto sentire cosa accade a Gerusalemme».

«La Terra Santa? Un messaggio di preghiera»

Giuseppe Caffulli
3 ottobre 2006
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«La Terra Santa? Un messaggio di preghiera»
Fra Pasquale Ghezzi a Betlemme. (foto G. Caffulli)


Padre Pasquale Ghezzi è un uomo diretto, senza fronzoli, concreto come solo ogni buon brianzolo sa essere. Se lo si avvicina e lo si interpella sulle questioni della Terra Santa, esce tutta la sua passione per quei luoghi che da sei anni costituiscono l’oggetto del suo impegno quotidiano.

La sede del Commissariato di Terra Santa per la Lombardia si trova presso il Convento di Sant’Antonio in via Farini a Milano. In un ufficio illuminato dalla luce calda di settembre, padre Pasquale inizia a raccontare la sua avventura a sostegno della Terra Santa. «Sono nato a Sirtori, in provincia di Lecco, nel 1955. Ho cominciato a lavorare per la Terra Santa nel 2000, dopo aver studiato a Gerusalemme e aver affiancato il Commissario di Terra Santa precedente. Un percorso attraverso il quale il Signore mi ha preparato all’incarico che oggi mi trovo a svolgere».

Milano e la Lombardia sono un terreno molto fertile per l’animazione e la promozione delle opere di Terra Santa, e padre Pasquale non lesina certo energie e risorse in giro per parrocchie e diocesi della regione. «Faccio una trentina di giornate di Terra Santa all’anno, incontri molto belli e di grande spessore spirituale. Giornate di annuncio del Vangelo, ma anche di informazione sulla tragedia della Terra Santa. Io ritengo infatti tale la situazione che i Luoghi Santi stanno vivendo. Alla nostra gente interessa molto sentire cosa capita a Gerusalemme, ma viceversa sono convinto che ai politici delle nazioni cosiddette cristiane non interessi granché di quello che succede quotidianamente laggiù. È una tragedia che si consuma sostanzialmente nel silenzio. In più, il fatto di andare in Libano con gli eserciti (che non possono fare nulla) complicherà ulteriormente la situazione. I cristiani di Terra Santa, ridotti al lumicino, non vedo come possano trarre giovamento da questo clima. Nelle mie gionate missionarie per la Terra Santa cerco di alimentare l’idea di andare a fare un pellegrinaggio, di sostenere le opere dei francescani nei Luoghi Santi, di pregare sopra ogni cosa per la pace. Il conflitto in Terra Santa non lo risolvono i grandi delle nazioni. Gerusalemme è lì per mostrare al mondo quanto siano inefficaci i nostri disegni, quanto siamo incapaci di camminare sulla strada della riconciliazione, quanto come uomini siamo incapaci di superare i nostri muri e le nostre contraddizioni».

L’impegno per la preghiera è uno dei chiodi fissi di padre Pasquale. «La Terra Santa è un messaggio di preghiera. Io sperimento, incontrando tante persone, quanta sete di spiritualità e di pace ci sia. La Terra Santa è una chiamata a intraprendere un cammino spirituale di conversione. E quando la gente scopre questo messaggio, questa chiamata, si apre, rifiorisce. Noi poi, come francescani, cerchiamo anche di mostrare il particolare carisma francescano per i Luoghi Santi: un atteggiamento di incontro, dialogo e apertura del quale oggi c’è più che mai bisogno».

Il camminare in Terra Santa come pellegrino – spiega padre Pasquale – rimane una delle proposte fondamentali di conoscenza e di contatto con la Parola che si è fatta carne…

«Nelle parrocchie lombarde è molto vivo il desiderio di recarsi nei Luoghi Santi. E solo a causa delle guerra recente questo flusso è diminuito. Dico sempre ai parroci e ai gruppi di non lasciarsi intimorire. E di recarsi in Terra Santa senza leggere i giornali, che dipingono la realtà sempre peggio di come in realtà è. Gerusalemme e la Terra Santa ci attendono. Chi va per pregare e per camminare sulle strade della fede non ha mai corso rischi».

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