La Comunità di Bose pubblica questo volume nella collana Sequela oggi. La collocazione sembra voler additare come esemplare un itinerario percepito come tale al vaglio del Vangelo. Da queste pagine ci parlano fratel Christian de Chergé, priore del monastero trappista di Notre Dame de l'Atlas in Algeria, e sei suoi confratelli, insieme con lui rapiti e uccisi dai fondamentalisti islamici nel 1996.
(g.s.) – Fratel Christian de Chergé era il priore del monastero trappista di Notre Dame de l’Atlas in Algeria. Fu rapito dai fondamentalisti islamici del Gia, insieme con sei confratelli, il 26 marzo 1996. Tutti e sette vennero sgozzati il 21 maggio seguente. Le loro spoglie riposano nel cimitero di Tibhirine. Le vegliano gli amici musulmani, membri di quel popolo semplice da cui i monaci traevano arricchimento per la loro esperienza di Dio e dell’uomo.
La Comunità monastica di Bose, cui l’editrice Qiqajon appartiene, pubblica questo volume a cura di Guido Dotti, nella collana Sequela oggi. Collocazione felice che non solo cataloga un genere letterario, ma probabilmente vuole anche additare come esemplare e pertinente un itinerario percepito come tale dopo averlo vagliato coi criteri «anacronistici» del Vangelo.
Scrive il curatore: «Quando nove anni fa, a pochi mesi dal rapimento e dal martirio dei sette monaci dell’Atlas, abbiamo curato la prima edizione di questi testi, eravamo consapevoli dalla loro portata di testimonianza cristiana per la Chiesa intera e della loro dimensione profetica. Non potevamo però certo attenderci che gli eventi della storia li avrebbero resi un drammatico, attualissimo appello a proseguire con tenacia sulla via del dialogo e del rifiuto di qualsiasi scontro di civiltà o di religioni».
Vi regaliamo un passaggio attinto da una lettera circolare della comunità monastica datata 11 aprile 1995. Da due anni ormai gli stranieri che vivono in Algeria sono sotto la minaccia degli islamisti. Parecchi sono già stati uccisi. I monaci – di nazionalità francese – hanno deciso di restare, nonostante tutto, come segno di fedeltà alla loro vocazione.
Scrivono: «Natale 1994 è stato soprattutto l’ansia creatasi all’aeroporto di Algeri attorno all’Airbus di Air France. E poi l’epilogo a Marsiglia, alle 17 del 26 dicembre, seguito immediatamente, il martedì 27 dicembre a mezzogiorno, dell’uccisione di quattro padri bianchi a Tizi-Ouzou. Li conoscevamo bene, ciascuno in particolare. Una comunità intera veniva così eliminata. Impressione brutale di essere noi stessi nient’altro che un “vivaio” che assicura una riserva di facili vittime per altre rappresaglie. (…) Il nostro rifiuto [ad ospitare dei militari incaricati della protezione] è risalito (lentamente) fino al ministero degli esteri che, ancora una volta, ha convocato la nunziatura per una nota verbale denunciante questa insubordinazione. Il sostituto del nunzio, uno zairese, ha saputo trovare la risposta adeguata di fronte al capo di gabinetto del ministro: “Lei immagini di aver costruito la sua casa in cima a una montagna. Gode di una vista magnifica, con un precipizio a destra e uno a sinistra. Le chiedono di spostare un po’ la casa. Da che parte lo farebbe lei?”. Questa parola molto africana non ha avuto bisogno di ulteriori commenti…».
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Christian De Chergé
e gli altri monaci di Tibhirine
Più forti dell’odio
Edizioni Qiqaion, 2006
pp. 288 – 14,00 euro