Ce lo aveva detto anche in un incontro a quattr’occhi a Damasco, lo scorso giugno, Gregorio III Laham, patriarca greco-cattolico di Antiochia. Lo ha ribadito nel corso della sedicesima assemblea dei patriarchi che si è conclusa il 20 ottobre a Bzommar, Libano: salvaguardare la presenza cristiana in Medio Oriente significa combattere l’instabilità politica e difendere le regole della convivenza.
Il tema della presenza dei cristiani in Libano, Siria, Palestina e nell’intera regione, è stata al centro dell’assemblea, alla quale erano presenti il patriarca maronita Nasrallah Sfeir, il greco-cattolico Gregorio III Laham, il copto-cattolico Antonios Nagib; il siro-cattolico Boutros VIII Abdel Ahad, il latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, il caldeo Emmanuel III Delly e l’armeno cattolico, Narsis Bedros XIX.
I responsabili delle Chiese del Medio Oriente hanno sottolineato il carattere di collegamento che le comunità orientali svolgono tra cristianesimo ed islam. Un «ponte» che rende possibile un orizzonte di convivenza tra culture e religioni, ma che non può fare a meno del sostegno dei musulmani.
Per questa ragione i patriarchi hanno esortato i leader musulmani al coraggio: «Occorre condannare energicamente le azioni terroristiche commesse in nome della religione. Il vero islam è estraneo alla violenza. Il terrorismo, invece, nuoce all’i slam e distrugge anche la convivenza che sperimentiamo da tante generazioni».