Attivare un ponte di solidarietà tra l’Italia e la Palestina. È questo il motivo fondante dell’associazione Esperanza di Tavernola Bergamasca, piccolo centro sulla sponda alta del Sebino. Nata ufficialmente nel marzo 2005, nell’agosto dello scorso anno Esperanza si è fatta promotrice di un gemellaggio con il villaggio palestinese di Aboud (nei pressi di Ramallah, Autorità nazionale palestinese). È nata così la possibilità di ospitare per tre settimane un gruppo di ragazzi e ragazze palestinesi, grazie alla collaborazione delle famiglie di Tavernola.
Ma perché l’idea di un gemellaggio proprio con Aboud? Una scelta non casuale, ma che si basa su una conoscenza diretta di questo villaggio – posto a 6 chilometri dalla linea di confine tra Israele e la Palestina e abitato da 2.300 persone, metà cristiane e metà musulmane – da parte del portavoce del gruppo: Adriano Rossi.
Classe ‘78, un diploma in tasca e tre anni d’esperienza in Inghilterra, Adriano dopo il servizio militare a Bressanone decide di fare una scelta che cambia la vita. «Vidi in televisione l’immagine straziante di una donna con in braccio il proprio piccolo, travolta dai carrarmati israeliani. Promisi a me stesso che avrei fatto qualcosa. Un giorno scoprii attraverso Internet il sito dell’Associazione Papa Giovanni XXIII di don Oreste Benzi e dell’Operazione Colomba, formata da volontari impegnati sul fronte della pace. Da qui la decisione di diventare io stesso volontario e di fondare con i miei compaesani un gruppo di solidarietà. Abbiamo scelto di sostenere la comunità locale di Aboud nella produzione di saponette all’olio di oliva, che tradizionalmente sono realizzate dalle famiglie in maniera artigianale. Grazie al contributo di 4 mila euro stanziato dalla Caritas di Bergamo è stato possibile costituire una cooperativa. I saponi di Aboud vengono esportati e venduti in Italia utilizzando soprattutto i canali dell’equo e solidale».
Qual è la situazione di Aboud, oggi? «La seconda Intifada ha portato ad un peggioramento delle già precarie condizioni di vita delle famiglie. Con la costruzione, del muro dell’apartheid oggi ottanta famiglie rischiano di perdere oltre il 70 per cento della propria terra; altre 43 famiglie rimarranno senza un’abitazione e saranno costrette ad andarsene».
Non meno rosea è la situazione di At-Twani, nel sud della Palestina, dove pure operano i volontari dell’Operazione Colomba. «Si tratta – spiega Adriano – di uno dei villaggi più poveri presenti nel territorio, composto da 150 abitanti, tutti di religione musulmana e con oltre la metà della popolazione di età inferiore ai 18 anni. Noi volontari ci alterniamo: una settimana ad Aboud, un’altra ad At-Twani. In questa località il tutto è aggravato dal fatto che l’intero villaggio è circondato da insediamenti ebraici, edificati nel 1982. Qui si trova l’unica scuola del circondario. Ne deriva che tutti i bambini provenienti dalle vicinanze sono costretti a percorrere alcuni chilometri rischiando la vita, sotto gli attacchi degli israeliani».
Per questa ragione i volontari scortano i più piccoli che si recano a scuola, e documentano le azioni violente dei coloni israeliani trasmettendo il materiale all’Onu, al governo di Israele, alla Santa Sede, alle varie associazioni pacifiste e alla stampa di tutto il mondo.
Anche per At-Twani Esperanza non ha esitato ad attivarsi, ottenendo 5 mila euro dalla Caritas per avviare un progetto di cooperazione per le donne. La logica è la stessa che ispira il progetto di solidarietà con Aboud. Invece di saponette ad At-Twani si confezionano ricami, fornendo tutto il necessario: dalle macchine per cucire alla stoffa, dalla lana al filo.
«Vogliamo continuare – spiega Adriano – a sostenere le iniziative in corso; ma vorremmo anche favorire uno scambio culturale tra il Medio Oriente e l’Italia, ospitando studenti sia israeliani che palestinesi per promuovere occasioni di riflessione sui temi della non-violenza. Il progetto, che dovrebbe partire nel 2008, avrà sede a Sarnico e ha ricevuto l’appoggio dell’europarlamentare Pia Locatelli».