Mentre stiamo chiudendo il giornale, le agenzie di stampa danno notizia di scontri tra gruppi rivali di studenti scoppiati in Libano, presso l’Università di Beirut, con diversi morti e centinaia di feriti. Gli scontri contrappongono militanti del movimento sciita d’opposizione Amal, alleato di Hezbollah, e militanti del movimento sunnita Al-Mostaqbal, guidato dal leader della maggioranza parlamentare anti-siriana Saad Hariri, figlio ed erede politico dell’ex premier Rafik Hariri, assassinato in un attentato nel 2005.
Il clima che si respira a Beirut è di grande tensione. Neppure le notizie che vengono dal vertice di Parigi sono servite a rasserenare gli animi. Il pericolo, a questo punto reale, è che nel Paese si inneschi una pericolosa spirale di violenza in stile iracheno, con le due fazioni musulmane che si combattono tra loro. Se così fosse, il Paese precipiterebbe nel caos più assoluto.
La crisi attuale dura ormai da novembre, quando i partiti sciiti sono usciti dal governo, determinando di fatto una pericolosa paralisi istituzionale. Preoccupazione circa la situazione attuale ha manifestato anche il patriarca maronita Nasrallah Sfeir, di fronte alla possibilità che anche i cristiani (schierati sia con la maggioranza, sia con l’opposizione) vengano coinvolti negli scontri. A tutti ha rivolto un fermo richiamo: «Ci si adoperi per risparmiare al Libano ancora sangue e sofferenze».