La violenza bestemmia Dio
Elia è il primo dei profeti che vogliamo conoscere in questo percorso di spiritualità sui personaggi della Bibbia. Una scelta azzeccata visto che cronologicamente è il primo grande profeta di Israele, insieme a Samuele e Natan, e che tradizionalmente è considerato da Israele come il più grande tra i profeti. Elia vive nel Regno del Nord intorno all’anno 850 a.C. mentre il re Acab, iniquo e capriccioso, sposa la regina fenicia Gezabele che importa in Israele i culti orgiastici di Baal.
L’abbandono del culto di Jahwè, le vessazioni e gli abusi di potere (leggete la tragica fine di Nabot ucciso dal re per impossessarsi della sua vigna in 1 Re 21) sono troppo per lo zelo di Elia il tisbita. Il popolo, come spesso accade, non è molto coinvolto nelle questioni religiose: anzi, la presenza di un nuovo rito è percepito come una piacevole novità.
Elia sfida i sacerdoti del culto di Baal a un’ordalia, tipica di un approccio primitivo della religiosità. La sfida è chiara: la divinità che invierà il fuoco dal cielo a consumare l’olocausto è l’unica divinità da venerare. Non bastano gli schiamazzi dei sacerdoti di Baal, dall’alba a mezzogiorno, le loro danze e le loro incisioni a sangue coi coltelli: tutto tace. La scena drammatica dell’intervento di Elia è densa di emozione: egli fa impregnare l’altare e la vittima di acqua e poi, con semplicità, invoca il fuoco dal cielo. La folla è colpita, sconvolta: davvero l’intervento di Elia è travolgente.
Si confrontano, in questa sfida, due modi di intendere la religiosità: un approccio pagano, magico, superstizioso, fatto di violenza e di sangue e un modo nuovo, di intimità, di preghiera, di fiducia che svela il vero volto di Dio. Poi accade l’incredibile: visto il successo anche Elia si fa travolgere dalla passione e uccide e fa uccidere («scanna», recita il testo!), tutti i profeti di Baal.
Elia commette un errore gravissimo: accecato dal successo insperato pensa di riportare il popolo a Dio attraverso una religiosità che imita quella della regina Gezabele. È una scorciatoia senza senso, gravida di errori: la regina giurerà vendetta e costringerà il profeta a fuggire nel deserto, Dio non si riconosce in quel gesto e abbandonerà Elia.
Ancora un volta, come per Mosè, Elia dovrà attraversare il deserto e conoscere la solitudine, ammettere la propria sconfitta, ammettere di non essere migliore dei propri padri, per essere finalmente pronto a fare esperienza di Dio. Ma questa è un’altra storia. Dio non si può mai affermare e difendere con la violenza, mai.
(Il brano biblico di riferimento è dal Primo libro dei Re, capitolo 18, versetti 24-40)
L’autore è sacerdote della diocesi di Aosta e curatore del sito Internet
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