Sulla questione di Gerusalemme, in questi giorni, abbiamo assistito al solito pro e contro. La verità è che serve andare oltre, per guardare alla città come luogo dove rispettare l'identità e i diritti di tutti. Il punto di vista, per nulla scontato, di un giornale saudita su Arab News.
È pesante il bilancio delle notizie da Israele e dal Medio Oriente di questi ultimi giorni. Scontri tra Hamas e Fatah con decine di morti a Gaza; lanci di missili Qassam sulla cittadina ebraica di Sderot anche qui con feriti e devastazioni. E poi il tassista palestinese assassinato per motivi razziali a Tel Aviv da un ebreo da poco immigrato dalla Francia (notizia quest’ultima ritenuta non significativa dai corrispondenti in Israele dei giornali e delle televisioni italiane che non ce l’hanno neppure fatta leggere; della serie: sono davvero tutti e sempre filo-palestinesi?).
Sullo sfondo resta la questione di Gerusalemme, che in questi giorni ricorda i 40 anni dalla guerra del 1967. Ma forse il problema è proprio il fatto che questo nodo del conflitto resta sempre sullo sfondo. Anche negli articoli che sono usciti in questi giorni, abbiamo rivisto il solito giochetto del «pro» e «contro». Hanno fatto bene gli ambasciatori dell’Unione europea a non andare alla cerimonia per i 40 anni della «capitale»? È giusto che Israele festeggi l’anniversario di un’ «occupazione»? Poco o niente abbiamo letto sulla sostanza della questione Gerusalemme, su quella presenza di identità diverse che rendono davvero unica questa città. Perché quando si dice che la chiave della pace sta a Gerusalemme non si fa riferimento a misteriose dottrine esoteriche o a un attrettanto improbabile «effetto domino»: ciò che si vuole dire è che questa città, con il suo intreccio di Luoghi Santi per le tre religioni monoteiste, è un richiamo vivente alla necessità per tutti di fare i conti con l’esistenza e con i diritti dell’altro.
Ecco allora l’articolo che proponiamo oggi. L’abbiamo preso volutamente da un giornale arabo, il saudita Arab News. È un testo che sfata una serie di luoghi comuni: intanto l’ha scritto una donna cresciuta a Gerusalemme ed eletta al Parlamento palestinese (il che vuol dire che anche dopo le elezioni del gennaio 2006 il Parlamento palestinese non è fatto solo di maschi con la barba e per di più fanatici). Ma l’articolo è importante soprattutto per la chiarezza con cui Jihad Abu Zneid pone la questione di Gerusalemme come città aperta, con al suo centro il rispetto dell’identità di tutti. Nonostante tutto ciò che ci raccontano, sono discorsi che oggi qualcuno fa apertamente anche su un grande giornale arabo. E valgono anche se questa persona di nome si chiama Jihad.
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