Hamas e Fatah rappresentano davvero la popolazione palestinese? È la domanda che Salim Nazzal. intellettuale palestinese della diaspora (vive in Norvegia), propone in un articolo pubblicato su Arabic Media Internet Network (Amin), un altro sito interessante da tener d'occhio per capire gli umori della società civile palestinese. Nazzal pensa che sia arrivato il momento di analisi coraggiose sul tema della democrazia all'interno delle istituzioni palestinesi.
Continuano nel mondo palestinese le analisi sulla nuova situazione venutasi a creare dopo il predominio di Hamas a Gaza. Movimento che ieri, con la liberazione del giornalista inglese della Bbc Alan Johnston, ha fatto segnare un altro punto a suo favore, mostrando di avere ora davvero il controllo delle milizie sul campo.
Ma Hamas e Fatah rappresentano davvero la popolazione palestinese? È la domanda che Salim Nazzal. intellettuale palestinese della diaspora (vive in Norvegia), propone in un articolo pubblicato su Arabic Media Internet Network (Amin), un altro sito interessante da tener d’occhio per capire gli umori della società civile palestinese. Nazzal pensa che sia arrivato il momento di analisi coraggiose sul tema della democrazia all’interno delle istituzioni palestinesi. «Durante tutto il processo di Oslo – sostiene – la leadership palestinese è andata a negoziare il futuro di questa di terra senza alcun mandato del Parlamento palestinese. Si sono comportati come se la Palestina fosse la loro proprietà privata e quindi sapevano loro che cosa era meglio per i palestinesi».
Il risultato – continua Nazzal – è stato che in 14 anni l’Autorità Nazionale Palestinese, da progetto di uno Stato civile, si è trasformata in una specie di Somalia sfigurata dai conflitti tra clan. Lo stesso accordo che aveva portato pochi mesi fa al governo di unità nazionale tra Hamas e Fatah, è fallito perché si è trattato di un’operazione costruita a tavolino. «La domanda è: che cosa ci sta a fare un parlamento eletto se non ha voce in capitolo su nessuna delle questioni importanti per la nazione?».
Domanda interessante e da tenere ben presente soprattutto guardando a ciò che sta succedendo a Ramallah. Dove c’è un nuovo governo che risponde al presidente Abu Mazen ed è appoggiato dagli Stati Uniti, da Israele e dalla comunità internazionale. Dopo 17 mesi, grazie alla fine dell’embargo economico, ha ricominciato a pagare gli stipendi ai dipendenti pubblici. Però oggi non risponde a un parlamento democraticamente eletto. E, almeno fin ora, Abu Mazen non ha espresso nemmeno l’intenzione di indire nuove elezioni in Cisgiordania. Il tutto in un contesto contrassegnato dalla sfiducia generale in una leadership giudicata come corrotta e «collaborazionista». Come scrive Salim Nazzal, senza scelte coraggiose il pericolo di sbagliare ancora è davvero dietro l’angolo.
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