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La Terra (Santa) dalla Bibbia ai giorni nostri

30/07/2007  |  Milano
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Argomento cruciale di questo libro di Marchadour e Neuhaus è il tema della terra, intesa come patrimonio e culla di un popolo, ma anche come luogo fisico della Rivelazione divina. Dunque l'oggetto è quella specifica porzione di pianeta che noi chiamiamo Terra Santa. Tre sono le parti principali del testo, dedicate, nell'ordine, all'interpretazione della terra nella Bibbia; al tema terra nella rilettura cristiana; «alla terra nei documenti della Chiesa cattolica contemporanea». Il libro può fornire piste per ulteriori approfondimenti da parte del lettore e si propone come opera divulgativa d'alto livello.


Due parole sugli autori di questo volume possono essere opportune già in apertura. Alain Marchadour, religioso assunzionista francese è stato decano della facoltà teologica di Tolosa tra il 1993 e il ’99. È studioso di Sacra Scrittura e in particolare del Vangelo di Giovanni. Da sette anni vive e studia a Gerusalemme dove dimora presso la chiesa di San Pietro in Gallicantu. Ha già pubblicato numerose opere. David Neuhaus è invece un gesuita di origini ebraiche, docente presso il seminario del patriarcato latino di Gerusalemme e all’università cattolica di Betlemme, impegnato nel dialogo interreligioso con ebrei e musulmani.

Come è facile intuire dal titolo, i due autori concentrano la loro attenzione sul tema cruciale della terra, intesa come patrimonio e culla di un popolo, ma anche come luogo fisico della Rivelazione divina. Dunque l’oggetto è quella specifica porzione di pianeta che noi chiamiamo Terra Santa.

L’architettura del testo si articola in tre parti più una.

La prima sezione (poco meno di 60 pagine, così come le altre) s’occupa dell’interpretazione della terra nella Bibbia (in due capitoli distinti, uno per l’Antico e uno per il Nuovo Testamento).
I primi capitoli della Genesi – ci spiegano Neuhauser e Marchadour – mettono in luce la solidarietà, nel bene e nel male, tra l’uomo e la terra. Nella Torah, la terra rimane di Dio e viene messa a disposizione di un popolo santo, che può abitarla finché rimane tale. Altrimenti la terra lo rigetta.
Negli ultimi libri storici il tema della terra perde rilevanza in favore di Gerusalemme, che assume un ruolo sempre più centrale in relazione al culto e al tempio.
Con l’esperienza dell’esilio babilonese che poi, per molti diventerà libera scelta di diaspora, «il concetto di una terra definita geograficamente cessa di essere centrale, perché oramai l’autorità politica si trova nelle mani di stranieri».

Rimane comunque come filo rosso il tema della terra come spazio sacro in cui esprimere il culto monoteistico nel rifiuoto rigoroso di ogni idolatria. Quando ciò non avverrà e il legame di giustizia del popolo verso Dio verrà infranto i profeti denunceranno che la terra è divenuta una terra di colpa.

Venendo al Nuovo Testamento, il libro si sofferma innanzitutto sui toponimi principali che fanno da scenario alla biografia di Gesù (da Betlemme e Nazareth fino a Gerusalemme, passando per il lago di Tiberiade con la montagna che lo sovrasta, il fiume Giordano e il deserto). Poi il tema terra si spiritualizza assumendo la colorazione del tema regno, che non richiede un legame stretto e necessario con una precisa porzione di suolo. Fino alla Lettera agli Ebrei nella quale la terra è il luogo del riposo, offerto da Dio al popolo nell’Antico Testamento, mentre ora il nuovo luogo del riposo è Gesù Cristo. La figura di Gesù prende il posto della terra. «La lettera agli Ebrei è lo scritto più esplicito nello spiritualizzare e rifutare lo spazio sacro territoriale».

La seconda parte analizza il tema nella rilettura cristiana, prendendo le mosse dai Padri della Chiesa e risalendo fino ai nostri giorni, con i problemi di carattere politico posti dalla Shoah, dalla creazione dello Stato di Israele e dalla tragedia palestinese.
I luoghi della vicenda storica di Gesù diventano ben presto oggetto di venerazione e tra il 330 e il 540 sorgono in Terra Santa i primi santuari cristiani. «Non è impossibile – osservano i due autori – che alcuni scritti del Nuovo Testamento siano nati nel contesto del pellegrinaggio liturgico nei luoghi resi santi da Gesù».
Marchadour e Neuhaus si chiedono come mai i cristiani e pellegrini dei primi secoli non abbiano avvertito l’esigenza di costruire un edificio sacro sul monte del Tempio, dove pure Gesù aveva più volte insegnato e compiuto azioni profetiche. La spiegazione fornita è che ormai i cristiani sentono di formare «la nuova Israele, che ha raccolto, da sola, tutta l’eredità della storia biblica». In qualche modo ritengono che il ruolo del giudaismo si sia ormai estinto e che loro, nella Nuova Alleanza, ne siano gli eredi.

Un percorso antologico selettivo presenta scritti variamente antigiudaici di alcuni Padri della Chiesa (Tertulliano, Origene, Giovanni Crisostomo, Agostino). Antigiudaismo con cui la Chiesa stessa farà i conti durante e dopo il concilio Vaticano II.

Il tema della terra (Eretz Israel) torna prepotentemente ad imporsi nel XIX secolo con il sionismo e con la conseguente fondazione, nel 1948, del moderno Stato di Israele. Anche la Chiesa dovrà misurarcisi e lo farà con approcci via via diversi che vanno dall’iniziale rifiuto della causa sionista all’odierno riconoscimento di Israele

Nel paragrafo che i due autori dedicano alla ricerca archeologica, che – a partire, ancora una volta, dal XIX secolo – in una regione come questa ha spesso inteso cercare smentite o conferme alla narrazione biblica, spiace l’assenza di un pur minimo accenno al lavoro degli archeologi francescani.

Più eterogenei i contenuti della terza parte («La terra nei documenti della Chiesa cattolica contemporanea»). I documenti magisteriali vengono citati e inquadrati nel loro orizzonte storico senza la pretesa di analizzarli approfonditamente. Ma in queste pagine si parla anche del ruolo del patriarcato latino di Gerusalemme e della crescita di sensibilità verso il dramma palestinese.

Chiude il volume una ventina di pagine dedicate alle «Prospettive» che in qualche misura tirano le fila di tutto il volume.

In ogni sua parte questo libro di Marchadour e Neuhaus costituisce una lettura capace di fornire piste per ulteriori e personali approfondimenti da parte del lettore. Il testo si propone quale opera sintetica con intenti divulgativi, piuttosto che come saggio a carattere scientifico.

Proprio qui sta il suo tallone d’Achille. Taluni eventi storici vengono liquidati in poche righe per riuscire a toccare un tema alquanto vasto in uno spazio tutto sommato ridotto. Certe valutazioni degli autori avrebbero meritato argomentazioni più articolate, soprattutto su questioni intorno alle quali non c’è unanimità tra gli studiosi (come quella dell’antigiudaismo dei Vangeli).

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