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Forse presto caccia iraniani con tecnologia israeliana

29/10/2007  |  Milano
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Forse presto caccia iraniani con tecnologia israeliana

La notizia di un accordo tra la Cina e l'Iran per la cessione a Teheran di due squadroni di aerei da combattimento J-10, basati su tecnologia israeliana, ha suscitato nei giorni scorsi al tempo stesso stupore e preoccupazione tra gli analisti. A riportare l'intesa, martedì scorso, è stata l'agenzia di stampa russa Novosti, secondo la quale i 24 velivoli in questione, la cui consegna al regime iraniano dovrebbe avvenire tra il 2008 e il 2010, hanno un costo stimato in un miliardo di dollari. Il raggio d'azione dei J-10 - basati su componenti tecnologici forniti alla Cina da Israele - può raggiungere i tremila chilometri. Quanto basta per raggiungere dall'Iran il territorio israeliano.


La notizia di un accordo tra la Cina e l’Iran per la cessione a Teheran di due squadroni di aerei da combattimento J-10, basati su tecnologia israeliana, ha suscitato nei giorni scorsi al tempo stesso stupore e preoccupazione tra gli analisti. A riportare l’intesa, martedì scorso, è stata l’agenzia di stampa russa Novosti, secondo la quale i 24 velivoli in questione, la cui consegna al regime iraniano dovrebbe avvenire tra il 2008 e il 2010, hanno un costo stimato in un miliardo di dollari. Il raggio d’azione dei J-10 – che montano motori di fabbricazione russa ma sono basati su componenti tecnologici forniti alla Cina da Israele in seguito alla cancellazione del cosiddetto «progetto Lavi» a metà degli anni Ottanta – può raggiungere i tremila chilometri. E quindi, dall’Iran, i velivoli potrebbero raggiungere e colpire, paradossalmente, lo stesso territorio israeliano.

L’accordo tra Pechino e Teheran è stato (parzialmente) smentito nel giro di 48 ore dal portavoce del ministero degli Esteri cinese Liu Jianchao, secondo il quale la Cina non ha ancora affrontato l’argomento della vendita dei J-10 con le autorità iraniane. Ma non è detto, hanno fatto notare alcuni analisti, che l’intesa non venga raggiunta comunque a breve. Altri osservatori hanno peraltro evidenziato che non sarebbe la prima volta in cui un sistema di armi puntato contro Israele contenesse componenti tecnologiche israeliane: la stessa Cina avrebbe venduto in passato all’Arabia Saudita missili a lunga gittata basati su know-how israeliano.

Il problema, ribadiscono gli analisti, sta nelle politiche «lassiste» adottate negli scorsi anni da Israele in tema di esportazioni di armi e tecnologie militari. L’industria bellica israeliana, cui viene devoluta una parte cospicua delle finanze statali, è tra le più attive del mondo. In media essa rappresenta oltre il 10 per cento del Prodotto interno lordo, con una produzione che varia dai piccoli pezzi di artiglieria ai più avanzati sistemi elettronici. Da anni, però, la sovrapproduzione dovuta alla continua crescita di un’industria considerata strategica da ogni governo israeliano, ha «costretto» ad aumentare le esportazioni. A contribuire a questo processo è anche l’alto livello di sofisticazione raggiunto dai componenti tecnologici militari israeliani, richiestissimi da tutto il mondo. In totale sono circa 150 le compagnie che nel Paese si occupano di difesa, con quasi 50mila dipendenti. Di proprietà governativa sono le tre principali, la Israel Aircraft Industries, la Israel Military Industries e la Rafael Arms Development Authority. Le esportazioni sono coordinate e regolate da un’organizzazione denominata Sibat, gestita dal ministero della Difesa, tra i cui compiti c’è anche quello di distribuire le licenze per i componenti adatti alla vendita sui mercati esteri, oltre che quello di «pubblicizzare» i componenti stessi. Dalla vendita dei quali l’industria bellica riesce a ricavare oltre 3,5 miliardi di dollari all’anno, circa il 60 per cento dei quali garantiti proprio dall’export.

Si capisce da questi dati l’importanza che negli anni l’industria bellica ha assunto non solo per la difesa ma anche per l’economia israeliana. A tal proposito, però, gli analisti rimarcano come gli obiettivi economici abbiano in alcuni casi avuto la meglio su considerazioni di carattere strategico, con il paradosso che, appunto, Israele rischia ora di ritrovarsi un Iran dotato di due squadroni di J-10 basati su know-how israeliano. Una politica di «corte vedute» che rischia di avere preoccupanti conseguenze, anche se altri analisti fanno notare come, pur con questi mezzi in dotazione, l’aviazione iraniana non costituirebbe per l’avanzato sistema difensivo israeliano una minaccia credibile.

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