Arroccata sui colli della dorsale che costituisce lo spartiacque fra il Mediterraneo orientale ed il Mar Morto, Betlemme si scorge da lontano con i suoi molti campanili e un minareto che svettano verso il cielo.
Nonostante il deserto sia poco distante, i campi attorno la città sono fertili; i pendii troppo bruschi sono stati terrazzati per consentire le coltivazioni di viti, olivi, mandorli e fichi, campi di orzo e di grano. Da sempre punto nodale nelle vie che collegano Nord e Sud, Betlemme è anche il crocevia tra il Vecchio Testamento e il Nuovo. Qui è avvenuta la svolta decisiva per l’umanità: la nascita di Gesù Cristo, il Figlio di Dio. Qui, il Verbo Incarnato è entrato nella vita umana; qui, nella penombra di una grotta, ha atteso l’omaggio degli umili pastori. Qui, poco dopo, ha ricevuto il riconoscimento dei Magi, i dotti dell’epoca. Qui ha avuto luogo la strage degli Innocenti, primo segno di quanto Gesù dirà, più tardi: «Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra: non sono venuto a portare la pace, ma la spada» (Mt. 10, 34). Tutto questo è accaduto a Be tlemme e accade ancora. «Oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia» (Lc 2, 11-12).
Per Luca l’evento di questa nascita è l’oggi della Salvezza, l’inizio di quel tempo nuovo in cui si compiranno le promesse dei profeti. Ma il segno che accompagna l’«evangelo» dell’angelo, il suo messaggio di gioia, non è niente di più che un «inutile infante». L’insignificanza si fa per noi «segno». Segno di un Dio diverso. Nessun riflettore è puntato su quel bambino avvolto in fasce: la gloria del Signore avvolge di luce i pastori, non il neonato, avvolge quei «piccoli», ritenuti lontani dall’osservanza della legge, a cui il Padre ha voluto rivelare il suo mistero (Lc 10, 21).
Come ci raccontano le sorelle clarisse nella consueta rubrica dedicata alla spiritualità, «Betlemme è un invito a lasciare che sia Dio a raccontarci la sua gloria. Perché per noi la gloria è onore, successo, potere e fama; per Dio la gloria è una carne che si dona perché altri abbiano la vita. La gloria annunciata dal canto degli angeli a Betlemme si rivelerà compiutamente nella Pasqua di Gesù, in quel suo dare la vita per noi, amandoci sino alla fine».