Nuovo appello del Papa a israeliani e palestinesi «affinché concentrino le proprie energie per l'applicazione degli impegni presi» ad Annapolis senza cedere agli estremisti e alla comunità internazionale per «sostenere questi due popoli con convinzione e comprensione». Nel discorso indirizzato oggi al Corpo diplomatico Benedetto XVI ribadisce la preoccupazione per il dilagare del terrorismo in Iraq, dove anche ieri è stata attaccata la comunità cristiana, chiede ai politici del Libano di accantonare i particolarismi per superare le «prove e violenze» che scuotono il Paese e incoraggia il pressing diplomatico sul nucleare iraniano.
(m.b.) – Nuovo accorato appello del Papa a israeliani e palestinesi «affinché concentrino le proprie energie per l’applicazione degli impegni presi» ad Annapolis senza cedere agli estremisti e alla comunità internazionale per «sostenere questi due popoli con convinzione e comprensione». Nel discorso indirizzato oggi al Corpo diplomatico Benedetto XVI ribadisce la preoccupazione per il dilagare del terrorismo in Iraq, dove anche ieri è stata attaccata la comunità cristiana, chiede ai politici del Libano di accantonare i particolarismi per superare le «prove e violenze» che scuotono il Paese e incoraggia il pressing diplomatico sul nucleare iraniano. Nel consueto appuntamento con i rappresentanti dei 176 Paesi accreditati in Vaticano il pontefice ha passato in rassegna le maggiori crisi internazionali che scuotono il pianeta, e ha chiesto che dopo la moratoria sulla pena di morte la comunità internazionale discuta quella sull’aborto.
Il Medio Oriente continua ad essere in cima alle preoccupazioni del Vaticano e della comunità internazionale. «Sono lieto – ha detto Benedetto XVI – che la Conferenza di Annapolis abbia manifestato segni sulla via dell’abbandono del ricorso a soluzioni parziali o unilaterali a favore di un approccio globale, rispettoso dei diritti e degli interessi dei popoli della regione». A israeliani e palestinesi ha chiesto che realizzino quanto si sono impegnati a fare e «non fermino il processo felicemente rimesso in moto». Sul grave stallo politico-istituzionale che da mesi paralizza il Libano il Papa auspica «che i libanesi possano decidere liberamente del loro futuro»: «chiedo al Signore di illuminarli – ha detto – a cominciare dai responsabili della vita pubblica affinché, mettendo da parte gli interessi particolari, siano pronti a impegnarsi sul cammino del dialogo e della riconciliazione. Solo in questa maniera il Paese potrà progredire nella stabilità ed essere nuovamente un esempio di convivialità fra le comunità».
Anche in Iraq, ha proseguito, «la riconciliazione è un’urgenza» che riguarda sia le minoranze, come quella cristiana, sia il dramma dei profughi. «Gli attentati terroristici, le minacce e le violenze continuano, in particolare contro la comunità cristiana, e le notizie giunte ieri confermano la nostra preoccupazione; è evidente che resta da tagliare il nodo di alcune questioni politiche. In tale quadro – ha proseguito il Pontefice – una riforma costituzionale appropriata dovrà salvaguardare il diritti delle minoranze. Sono necessari importanti aiuti umanitari per le popolazioni toccate dalla guerra; penso particolarmente agli sfollati all’interno del Paese e ai rifugiati all’estero, fra i quali si trovano numerosi cristiani. Invito la comunità internazionale a mostrarsi generosa verso di loro e verso i Paesi dove trovano rifugio, le capacità di accoglienza dei quali sono messi a dura prova».
Sull’Iran Ratzinger ha incoraggiato a perseguire «senza sosta» le vie diplomatiche per risolvere la questione del programma nucleare, «negoziando in buona fede – ha rimarcato – adottando misure destinate ad aumentare la trasparenza e la confidenza reciproca, e tenendo sempre conto degli autentici bisogni dei popoli e del bene comune della famiglia umana». E ancora: gli omicidii in Pakistan dove il Papa spera che «tutte le forze politiche e sociali si impegnino nella costruzione di una società pacifica, che rispetti i diritti di tutti» e l’Afghanistan dove «alla violenza si aggiungono altri gravi problemi sociali, come la produzione di droga; è necessario offrire ancor più sostegni agli sforzi di sviluppo e si dovrebbe operare ancor più intensamente per edificare un avvenire sereno».
«La sicurezza e la stabilità del mondo restano fragili» ha constatato il Papa, e questo accade perché «la libertà è un bene condiviso la cui responsabilità incombe su tutti» garantita dall’ordine e dal diritto. «Ma il diritto – ha aggiunto – può essere una forza di pace efficace solo se i suoi fondamenti sono solidamente ancorati nel diritto naturale, dato dal Creatore. È anche per tale ragione che non si può mai escludere Dio dall’orizzonte dell’uomo e della storia. Il nome di Dio è un nome di giustizia; esso rappresenta un appello pressante alla pace». Per questo sono così importanti «le iniziative di dialogo interculturale e interreligioso», come quella in corso con i 138 leader musulmani firmatari della lettera inviata lo scorso ottobre a Ratzinger e che verranno presto ricevuti in Vaticano.
La pace, ha concluso il Pontefice, «non può essere una semplice un’aspirazione illusoria» ma è piuttosto «un impegno e un modo di vita che esige che si soddisfino le legittime attese di tutti, come l’accesso al cibo, all’acqua e all’energia, alla medicina e alla tecnologia, come pure il controllo dei cambiamenti climatici. Solo così si può costruire l’avvenire dell’umanità; soltanto così si favorisce lo sviluppo integrale per oggi e per domani». Per questo ha esortato le Nazioni a «un impegno globale a favore della sicurezza»: uno sforzo congiunto «per applicare tutti gli obblighi sottoscritti e per impedire l’accesso dei terroristi alle armi di distruzione di massa rinforzerebbe, senza alcun dubbio, il regime di non proliferazione nucleare e lo renderebbe più efficace».