Nei giorni scorsi anche i leader delle Chiese di Terra Santa hanno chiesto la fine dell'embargo contro la Striscia di Gaza. In un comunicato diffuso il 22 gennaio e firmato «i capi delle Chiese di Gerusalemme e Terra Santa» lo definiscono «una misura illegale di punizione collettiva, un atto immorale che viola i diritti umani fondamentali, la legge naturale e il diritto internazionale». All'appello ha fatto eco lo stesso giorno il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, che da Ginevra chiede ai cristiani di tutto il mondo di mobilitarsi.
(g.s.) – Alle molte voci critiche dell’isolamento imposto alla Striscia di Gaza, nei giorni scorsi si è unita anche quella dei leader delle Chiese in Terra Santa.
Un comunicato diffuso il 22 gennaio e firmato «i capi delle Chiese di Gerusalemme e Terra Santa» non indugia in giri di parole ed entra subito nel merito: «Un milione e mezzo di persone imprigionate e senza cibo e medicinali sufficienti. Ottocentomila senza corrente elettrica. Questa è una misura illegale di punizione collettiva, un atto immorale che viola i diritti umani fondamentali, la legge naturale e il diritto internazionale. Non può essere tollerata oltre. L’assedio di Gaza deve terminare subito».
Gli estensori della dichiarazione lo chiedono «in nome di Dio» a una serie di interlocutori e citano espressamente il presidente statunitense George W. Bush, i leader israeliani, il primo ministro palestinese Salam Fayyad, la comunità internazionale.
A quest’ultima, e all’Unione Europea, chiedono di tener fede ai loro impegni solennemente ribaditi ancora di recente.
Alla dirigenza palestinese, la supplica di mettere da parte le divergenze «per il bene della popolazione di Gaza». «Dimostrate – dice il testo – che vi sta a cuore la sorte dei vostri fratelli e sorelle che hanno già sofferto abbastanza. Diciamo a tutti coloro che sono coinvolti: se persistete nel lanciare razzi contro Israele incoraggiate l’opinione pubblica estranea a questa terra a pensare che l’assedio sia giustificato».
«A Israele chiediamo – scrivono gli ecclesiastici – di agire responsabilmente e porre immediatamente fine a questo disumano assedio. Negare a bambini e civili i beni essenziali alla loro vita non è la via giusta per ottenere sicurezza. Anzi, getta questa regione in una situazione ancor più deteriorata e pericolosa».
«Preghiamo – si conclude il testo – perché venga il giorno in cui il popolo di Gaza sia libero dall’occupazione, dagli antagonismi politici, dalla violenza e dalla disperazione. Preghiamo perché israeliani e palestinesi rispettino la vita umana e il dono di Dio per la vita di ciascuno».
All’appello ha fatto eco lo stesso giorno il Consiglio ecumenico delle Chiese (Cec), che da Ginevra coordina l’azione ecumenica di 347 Chiese e denominazioni cristiane in tutto il mondo. Il suo segretario generale, il pastore kenyota Samuel Kobia, ha reso pubblica una lettera inviata a tutti i membri dell’organizzazione. «In risposta alle molte richieste d’aiuto» che vengono da Gaza, Kobia chiede loro di pregare perché terminino le sofferenze in quella regione; di «alzare la voce per il popolo di Gaza, domandando la fine dell’assedio e delle misure di punizione collettiva oltre alla negoziazione di un cessate-il-fuoco. Rivolgetevi alle vostre parrocchie, al pubblico, ai vostri governi e alle ambasciate dei governi più direttamente coinvolti in Medio Oriente: gli Stati Uniti, Israele, l’Unione Europea e la Russia».
Kobia chiede inoltre di manifestare solidarietà verso le Chiese in Palestina e offrire loro aiuto. «Le Chiese locali di Gerusalemme – osserva il segretario generale del Cec – si sentiranno rafforzate e meno abbandonate vedendo l’aiuto che viene dalle Chiese di altre parti del mondo».