Venivano dai quattro angoli della Terra i giovani che dal 28 dicembre al 6 gennaio scorsi hanno formato un gruppo eterogeneo di 150 persone partite insieme da Roma alla volta della Terra Santa per un pellegrinaggio promosso dal Forum internazionale di Azione Cattolica (Fiac). Volevano celebrare in modo speciale il quarantesimo anniversario dell'istituzione della Giornata mondiale per la pace, lanciata da Papa Paolo VI nel 1968. Ora che le emozioni di quel viaggio hanno avuto modo di decantare abbiamo chiesto a uno dei pellegrini italiani, Simone Esposito, vicepresidente nazionale dell'Ac di tracciare un breve bilancio dell'esperienza.
Venivano da Burundi, Kenya, Repubblica Democratica del Congo, Ruanda, Uganda, Mali, Argentina, Colombia, Costa Rica, Messico, Nicaragua, Perù, Venezuela, Cile, Cina, Filippine, Myanmar, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Italia, Malta, Polonia, Romania, Spagna, Ucraina.
Sono i giovani che dal 28 dicembre al 6 gennaio scorsi hanno formato un gruppo eterogeneo di 150 persone partite insieme da Roma alla volta della Terra Santa per un pellegrinaggio promosso dal Forum internazionale di Azione Cattolica (Fiac) in collaborazione con l’Azione Cattolica italiana (Ac), il patriarcato latino di Gerusalemme e la Custodia di Terra Santa. In Israele e nei Territori Palestinesi i pellegrini hanno incontrato altri coetanei della locale Azione Cattolica.
L’intento era di celebrare in modo speciale il quarantesimo anniversario dell’istituzione della Giornata mondiale per la pace, lanciata da Papa Paolo VI nel 1968, andando proprio nei luoghi in cui l’essere cristiani affonda le sue radici e ponendosi in ascolto delle comunità locali assetate di quella pace che non riescono a conquistare.
Tra i partecipanti c’era anche Simone Esposito – vicepresidente nazionale dell’Ac e responsabile del settore Giovani – a cui abbiamo chiesto di tracciare un breve bilancio dell’esperienza.
Simone, sono ormai trascorse alcune settimane dal pellegrinaggio internazionale Fiac a cui hai partecipato. Iniziativa simbolica e insieme singolare. Ora che le emozioni dell’incontro diretto con la realtà di Terra Santa hanno avuto modo di decantare, che bilancio tracciate dell’esperienza?
Un bilancio estremamente positivo. Innanzitutto perché siamo riusciti a fare il viaggio: non è stato facile portare in Terra Santa 150 giovani di così tanti Paesi, di cui alcuni senza relazioni diplomatiche con lo Stato di Israele. Quello del Fiac e del patriarcato latino di Gerusalemme è stato un lavoro burocratico enorme che però è andato a buon fine, così come il reperimento dei fondi per spesare il viaggio dei ragazzi africani, asiatici e di alcuni paesi dell’America Latina e dell’Europa che non potevano permettersi la somma necessaria. E poi il dono di questo pellegrinaggio ci ha permesso un’esperienza fortissima di Chiesa proprio là dove tutto è cominciato sperimentandone in pieno l’universalità con l’incontro di culture così diverse unite nell’unica fede. In ultimo il Fiac ha finalmente realizzato il sogno di un vero coordinamento internazionale dei giovani, un’attività che preparavamo da molto tempo.
Quali ricadute produce questo viaggio all’insegna della pace, dell’incontro e del reciproco ascolto? Quali segni rimangono nelle vostre vite e in quella dell’Azione Cattolica Giovani?
Le ricadute saranno molte. Partiranno dei gemellaggi tra le parrocchie visitate in Terra Santa e le comunità di provenienza dei pellegrini, e questo rafforzerà l’amicizia fra le nostre Chiese locali, la Chiesa di Gerusalemme e la Custodia di Terra Santa. Molti dei giovani di Ac coinvolti nel viaggio ripeteranno l’esperienza con altri coetanei, e alcuni tra i ragazzi palestinesi e israeliani che hanno viaggiato con noi probabilmente ci restituiranno la visita. Sicuramente il pellegrinaggio ha lasciato una traccia indelebile nella nostra vita: questo non potrà che diventare evidente anche nell’attività ordinaria dei Giovani di Ac e nella nostra proposta formativa.
La peculiarità del vostro pellegrinaggio è stata il mettere insieme oltre 100 giovani di quattro continenti? Quali dinamiche sono nate tra voi? Vi è stata un’effettiva possibilità di confronto, reciproca conoscenza e condivisione?
Non solo mettere insieme i 150 giovani, ma far partecipare al pellegrinaggio circa 20 giovani di Israele e Palestina di cui alcuni non erano mai stati in molti dei Luoghi Santi visitati: questo ha reso davvero unico un viaggio che ha visitato soprattutto i «luoghi santi» della fede incarnata nel quotidiano di Terra Santa: parrocchie, comunità, opere sociali e di carità, luoghi di sofferenza. Il confronto e il dialogo sono stati molto belli e ampi e hanno lasciato segni forti di unità. E a maggio, all’assemblea mondiale del Fiac, i responsabili nazionali giovanili proporranno a tutto il Forum di istituzionalizzare il coordinamento dei giovani, con l’elezione di un vero e proprio responsabile. In pratica nascerà un «settore giovani» del Fiac.
Torniamo alle emozioni: cosa resta dentro di te di questo viaggio? Cosa ti ha (in)segnato?
Il viaggio mi ha lasciato dentro una sorta di «cittadinanza interiore»: tornando a casa ho sentito la nostalgia di una terra di cui mi sento figlio per fede e per fratellanza nei confronti di chi la abita. Questo vuol dire molto, credo, in termini di impegno per la pace: sappiamo che davvero questa non potrà sussistere nel mondo senza che parta dal risanamento delle ferite di Terra Santa, come sottolineato più volte anche dal magistero dei Papi. Naturalmente il passaggio del Muro di Betlemme e la possibilità di sentire da vicino il dolore di chi vi è imprigionato è stato uno degli impatti più forti con la Terra Santa. Da qui si è rafforzata in tutti la volontà di imparare ad essere sempre e comunque segno di pace e insieme voce di indignazione a difesa di chi è perseguitato e innocente.