Parabole con il bavaglio? Al Cairo nei giorni scorsi i ministri dell'informazione dei 22 Paesi della Lega Araba si sono accordati su una bozza di documento che impone una «regolamentazione» e restrizioni precise a quelle televisioni satellitari arabe che offendano i propri governi. Spesso sponsorizzate da investitori privati e indipendenti da finanziamenti di Stato, hanno spesso mandato in onda programmi che le televisioni pubbliche arabe non potrebbero mai trasmettere e azzardato critiche ai governi nazionali.
Parabole con il bavaglio? Al Cairo nei giorni scorsi i ministri dell’informazione dei 22 Paesi della Lega Araba si sono accordati su una bozza di documento che impone una «regolamentazione» e restrizioni precise a quelle televisioni satellitari arabe che offendano i propri governi.
Le reti sono da tempo un problema per governi come Egitto e Arabia Saudita. Spesso sponsorizzate da investitori privati e indipendenti da finanziamenti di Stato, hanno dato prova di muoversi in modo libero, mandando in onda programmi che le televisioni pubbliche arabe non potrebbero mai trasmettere e azzardando critiche ai governi nazionali.
L’incontro che ha dato vita al documento, è stato voluto dal governo egiziano, che ospita la Lega Araba e sul cui territorio hanno sede diverse tivù arabe satellitari.
Il ministro dell’Informazione Anas al-Fiqi ha dichiarato che il suo Paese sarà il primo ad applicare il documento del Cairo. «Alcune tivù satellite sono uscite di strada», ha commentato.
Uno dei punti del documento obbliga le televisioni a «non offendere i leader, ma anche i simboli religiosi e politici dei Paesi arabi». Il documento autorizza a ritirare, congelare o non rinnovare i permessi a quei media che non rispetteranno le nuove disposizioni. Sostiene che le tivù satellitari non dovranno «danneggiare l’armonia sociale, l’unità nazionale, l’ordine pubblico e i lavori tradizionali». Afferma che la programmazione dovrà anche «conformarsi ai valori religiosi e morali della società araba e tener conto della sua struttura familiare». Le reti televisive dovranno astenersi dal «programmare qualsiasi cosa che metta in questione Dio, le religioni monoteiste, i profeti, gruppi o simboli delle varie comunità religiose». Inoltre saranno da evitare immagini «erotiche o oscene» e programmi che «incoraggino l’uso di fumo e alcol», proibiti dall’islam. Il documento del Cairo sottolinea il ruolo delle tivù come strumenti per proteggere l’identità araba dai deleteri effetti della globalizzazione».
Il governo del Qatar, in cui ha sede la rete Al Jazeera, ha dichiarato che «sta ancora studiando il documento» e che non ha intenzione per il momento di adottarlo, più per motivi legali che politici. E questo congelamento di giudizio, secondo i commentatori, permetterà ad Al Jazeera di continuare ad operare liberamente.
Agnes Callamard, di Articolo 19, organizzazione internazionale per la libertà di stampa, intervistata da Al Jazeera ha affermato: «È il primo passo verso la censura, che toglierà a milioni di persone nella regione la possibilità di essere informate. Stanno semplicemente provando a ostacolare notizie libere e punti di vista diversi».