Anche ieri, 9 marzo, alla luce della cronaca degli ultimi giorni, il Papa è tornato a parlare di Terra Santa. Al termine dell'Angelus Benedetto XVI ha detto: «Nei giorni scorsi, la violenza e l'orrore hanno nuovamente insanguinato la Terra Santa, alimentando una spirale di distruzione e di morte che sembra non avere fine. Mentre vi invito a domandare con insistenza al Signore Onnipotente il dono della pace per quella regione, desidero affidare alla Sua misericordia le tante vittime innocenti ed esprimere solidarietà alle famiglie e ai feriti». Da Gerusalemme anche i leader delle Chiese cristiane chiedono pace in due lettere di condoglianze inviati alle autorità israeliane e palestinesi.
(g.s.) – Anche ieri, 9 marzo, alla luce della cronaca degli ultimi giorni, il Papa è tornato a parlare di Terra Santa. Al termine della preghiera domenicale dell’Angelus Benedetto XVI ha detto: «Nei giorni scorsi, la violenza e l’orrore hanno nuovamente insanguinato la Terra Santa, alimentando una spirale di distruzione e di morte che sembra non avere fine. Mentre vi invito a domandare con insistenza al Signore Onnipotente il dono della pace per quella regione, desidero affidare alla Sua misericordia le tante vittime innocenti ed esprimere solidarietà alle famiglie e ai feriti».
«Incoraggio, inoltre – ha proseguito il Papa -, le autorità israeliane e palestinesi nel loro proposito di continuare a costruire, attraverso il negoziato, un futuro pacifico e giusto per i loro popoli e a tutti chiedo, in nome di Dio, di lasciare le vie tortuose dell’odio e della vendetta e di percorrere responsabilmente cammini di dialogo e di fiducia».
«È questo – ha concluso Ratzinger – il mio auspicio anche per l’Iraq, mentre trepidiamo ancora per la sorte di sua eccellenza mons. Rahho e di tanti iracheni che continuano a subire una violenza cieca ed assurda, certamente contraria ai voleri di Dio».
Sulla recente crisi in Terra Santa – determinata dalla pioggia di razzi palestinesi sul territorio israeliano, dalle contromisure militari nella striscia di Gaza e dall’attentato del 6 marzo in una scuola rabbinica di Gerusalemme – sono intervenuti, il 7 marzo, anche i leader cristiani di Gerusalemme.
Lo hanno fatto inviando due distinte lettere di condoglianze firmate, a nome di tutti, dal patriarca greco-ortodosso Teofilo III, dal patriarca latino Michel Sabbah, dall’armeno Torkom Manooghian e dal Custode di Terra Santa, fra Pierbattista Pizzaballa.
Nella missiva indirizzata al primo ministro israeliano Ehud Olmert e al Gran Rabbinato i firmatari definiscono l’attentato del 6 marzo a Gerusalemme (costato la vita a 8 giovanissimi intenti allo studio delle Sacre Scritture) «un triste e tragico evento che emana dal ciclo di violenza di cui tutta la Terra Santa è vittima». Il testo prosegue con un appello e un impegno: «Chiediamo a voi, leader politici e religiosi di Israele, di trovare i modi per porre fine a ogni violenza. (…) A nome dei credenti che vivono in questa Terra riaffermiamo la nostra determinazione a lavorare per la pace e por fine alla violenza. Solo la pace è necessaria». «Preghiamo – conclude il messaggio – che Dio ci ispiri a percorrere le sue vie così da raggiungere una pace giusta e duratura, nella piena sicurezza per voi e per tutti».
La seconda lettera è diretta al presidente dell’Autorità nazionale palestinese, Mahmoud Abbas (noto come Abu Mazen) ed esprime le condoglianze per tutti coloro che sono morti a Gaza. «Condividiamo – dice la lettera – la tragedia del nostro popolo e di tutti coloro che sono esposti alla violenza». Poi continua: «La supplichiamo di fare tutto il possibile per trovare modi rapidi e opportuni per recuperare l’unità del popolo palestinese e per sanare le ferite, così che questa tragedia, di cui tutti siamo vittime, oggi più di ieri, giunga a termine. Ci associamo a lei con le nostre preghiere nel chiedere a Dio di ispirarla in modo efficace per raggiungere un accordo con le competenti Autorità israeliane capace di porre fine a ogni violenza, così come a lavorare per il raggiungimento della pace, nonostante le gravi difficoltà note a noi tutti».