Quando sui nostri quotidiani si parla di un tema serio come il rapporto problematico tra islam e libertà religiosa, ciò che personalmente mi colpisce di più è constatare come il criterio giornalistico di riferimento sia la massima per cui «tutto fa brodo». Le ultime giornate sono state istruttive da questo punto di vista. Con paginate sul battesimo di Magdi Cristiano Allam e la notizia del re dell'Arabia Saudita che per la prima volta ipotizza nel Paese della Mecca e di Medina un incontro interreligioso - invece - relegata in un angolo o nemmeno riferita. Non è superfluo notare che sui giornali del Medio Oriente direttamente interessati al problema della libertà religiosa, le cose sono andate in maniera esattamente opposta.
Quando sui nostri quotidiani si parla di un tema serio come il rapporto problematico tra islam e libertà religiosa, ciò che personalmente mi colpisce di più è constatare come il criterio giornalistico di riferimento sia la massima per cui «tutto fa brodo». Le ultime giornate sono state istruttive da questo punto di vista. Con paginate sul battesimo di Magdi Cristiano Allam e la notizia del re dell’Arabia Saudita che per la prima volta ipotizza nel Paese della Mecca e di Medina un incontro interreligioso – invece – relegata in un angolo (o su alcuni grandi quotidiani italiani nemmeno data).
Non è superfluo notare che sui giornali del Medio Oriente direttamente interessati al problema della libertà religiosa, le cose sono andate in maniera esattamente opposta. Il famoso articolo di Palestine-Info – ripreso su tutti i nostri quotidiani come la fatwa di Hamas contro Magdi Cristiano Allam – è stata in realtà l’unica reazione significativa su un media arabo. Ed è comunque un testo che vale la pena di leggere in originale. Perché – pur nella critica sopra le righe alla connotazione anti-islamica del gesto compiuto da Allam – su un sito vicino ad Hamas questo articolo cita comunque la sura 9 del Corano per affermare il principio della libertà di coscienza. Inoltre – a differenza di tanti suoi divulgatori di casa nostra – l’autore dimostra di aver letto davvero Samuel Huntington. E cita la parte che a noi piace dimenticare della tesi sullo scontro di civiltà: quella secondo cui anche nell’ascesa dell’Occidente la spada ha avuto il suo ruolo.
Come dicevamo, però – a differenza di quanto successo per le vignette di Maometto e per il discorso di Ratisbona -, in realtà in questi giorni i quotidiani del Medio Oriente parlano di tutt’altro. O meglio: parlano anche di libertà religiosa, ma a partire da altri fatti. Tutti i quotidiani israeliani – ad esempio – hanno preso molto sul serio l’annuncio del re dell’Arabia Saudita. Sul Jerusalem Post è stato lo stesso rabbino capo ashkenazita Yona Metzger ad esprimere il suo plauso per l’iniziativa. E David Rosen, un altro rabbino molto conosciuto anche in ambito cristiano per il suo impegno nel dialogo tra le religioni, ha aggiunto parole significative: «Non sono così naive da credere che se io avrò un contatto coi sauditi li trasformerò in sionisti – commenta nello stesso articolo -. Ma ho fiducia nell’incontro tra le persone. E credo che l’unica strada per combattere il pregiudizio e l’ostilità sia la conoscenza della cultura, della religione e della storia dell’altro».
Ancora più significativo è un editoriale che appare oggi sulla prima pagina del quotidiano saudita Arab News. Il titolo è eloquente: «Sulle fatwe e sugli infedeli». Si tratta di un commento che mette in luce quanto il rispetto della libertà religiosa sia ancora un problema in Arabia Saudita. Il Consiglio della Shoura ha infatti bocciato con 77 voti contro 33 una proposta di legge che aveva l’obiettivo di promuovere il rispetto per le altre religioni e i loro simboli. Il fatto, però, che a Riyadh un quotidiano critichi apertamente questa scelta – citando anche le voci di chi dall’interno dell’islam pone oggi il problema del rapporto con l’altro – è il segno che anche in quella società qualcosa si sta muovendo. L’apertura del re Abdullah non nasce dal nulla. Smettere di buttare in pagina la prima cosa che «fa brodo» e ricordare che anche nelle società islamiche c’è chi con coraggio si batte per il rispetto di tutti, è il modo migliore oggi per aiutare questo percorso ad andare avanti.
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