Il cedro e la croce di Nathalie Duplan e Valerie Raulin è il ritratto di una donna cristiana libanese, Jocelyne Khoueiry, divenuta combattente a vent'anni per difendere la sua terra durante il terribile decennio 1975-1986. Anni in cui il Libano conobbe le invasioni di palestinesi, siriani e israeliani in uno strano e drammatico conflitto interno, combattuto casa per casa da uomini e donne che alternavano, giorno dopo giorno, una normale vita da studenti, professionisti e lavoratori alla pratica della guerriglia.
Forse qualcuno se ne ricorda. Si era negli anni Ottanta e la questione mediorientale aveva grande rilievo nell’opinione pubblica anche italiana. La voce quasi solitaria di Papa Wojtyla si levava per difendere la sopravvivenza della Repubblica del Libano, in modo del tutto controcorrente rispetto alle opzioni della diplomazia e della politica del tempo, relativamente concordi nell’utilizzare (se non sacrificare) il Paese dei Cedri per la risoluzione dei problemi del Medio Oriente, primo tra tutti il rapporto tra Palestina e Israele.
Il cedro e la croce di Nathalie Duplan e Valerie Raulin è il ritratto, talvolta intimo, di una donna cristiana divenuta combattente a vent’anni per difendere la sua terra durante il terribile decennio 1975-1986, in cui il Libano ha conosciuto le invasioni di palestinesi, siriani e israeliani in uno strano e drammatico conflitto interno, combattuto casa per casa da uomini e donne che alternavano, giorno dopo giorno, una normale vita da studenti, professionisti e lavoratori alla pratica della guerriglia.
Jocelyne Khoueiry comincia la sua parabola militare e politica guidando un drappello di ragazze, a volte appena adolescenti, nella difesa di alcuni punti strategici a Beirut finché, nel 1976, riesce nell’impresa di tenere testa con l’ausilio di sei compagne a trecento palestinesi che assediano un palazzo diroccato. In breve tempo Jocelyne si lega a doppio filo al partito Kataëb e alla famiglia Gemalyel, in particolare a Bachir, ucciso da un attentato dieci giorni dopo essere stato eletto presidente del Paese nel 1986.
Jocelyne combatte, seleziona e istruisce reclute, vede morire fratelli e amici, uccide a sua volta, diventa una figura conosciuta dal popolo e un esponente di rilievo del suo partito e della politica libanese. Le due reporter autrici del libro raccolgono le esperienze, i sentimenti e i giudizi della Khoueriry, giunta fino in Vaticano a perorare la causa del Libano di fronte a Giovanni Paolo II; e questo farebbe del loro ritratto biografico un punto di vista privilegiato per conoscere la storia del Libano e la sua importanza (anche attuale!) dal punto di vista politico, culturale e religioso. Ma c’è qualcosa che misteriosamente sfugge alla seppur nobile vicenda della Jocelyne patriota ed eroina di guerra: durante un turno di guardia la valorosa combattente "riconosce" la presenza del divino, si converte radicalmente al cattolicesimo, esita sull’ipotesi di prendere i voti. Infine, tramite una fortissima devozione alla Madonna, torna a condividere il destino dei suoi camerati coniugando la sua attività militare con l’amore per i suoi fratelli in armi e per la missione spirituale che a parere suo investe il Libano determinando la necessità della sua sovranità e della sua sopravvivenza.
Ciò la conduce a una forte esperienza di animazione religiosa in mezzo ai combattimenti e di assistenza verso le sempre più numerose vittime del conflitto, personificando in qualche modo l’identità cristiana del Libano. Dopo il 1985 la Khoueiry smette la divisa militare e continua la sua opera assistenziale (è fondatrice del movimento mariano La libanese – Donne del 31 maggio e del Centro Giovanni Paolo II), diventa membro dell’Accademia mariana pontificia internazionale. Ancora oggi Jocelyne Khoueiry partecipa a incontri, anche in Italia, per offrire il suo sguardo forte e lucido in favore della conoscenza della situazione, ancora grave, della sua terra.