A Dublino, Irlanda, 110 Paesi hanno firmato il trattato che mette al bando in tutto il mondo le cluster bomb. Ovvero le «bombe a grappolo»: quelle armi particolarmente nefaste che, raggiunto il suolo, si aprono riversando sul terreno migliaia di piccoli ordigni inesplosi; di fatto mine anti-uomo particolarmente pericolose per bambini e civili inermi. Solo Stati Unti, Russia, Cina, India, Pakistan e Israele hanno scelto di non partecipare al tavolo degli accordi.
Ben 110 Paesi hanno firmato a Dublino, come auspicato da Papa Benedetto XVI, il trattato che mette al bando in tutto il mondo le cluster bomb, ovvero le bombe a grappolo: quelle armi particolarmente nefaste che, raggiunto il suolo, si aprono riversando sul terreno migliaia di piccoli ordigni inesplosi; di fatto mine anti-uomo particolarmente pericolose per bambini e civili inermi.
Il segretario generale del Consiglio ecumenico delle Chiese, Samuel Kobia, ha affermato che «le Chiese di tutto il mondo sono molto incoraggiate dall’accordo. E che guardano ora con grandi aspettative a quei governi di nazioni particolarmente potenti che non si sono ancora sedute al tavolo dei negoziati». Il riferimento di Kobia è rivolto in particolare a Stati Unti, Russia, Cina, India, Pakistan e Israele, Paesi che hanno scelto di non partecipare al tavolo degli accordi.
In particolare, il portavoce del ministero degli esteri israeliano Aryeh Mekel, ha dichiarato che la posizione di Israele è di considerare «esagerato» un bando come quello di Dublino, che esclude in modo assoluto l’utilizzo delle bombe: «Non pensiamo che un bando così radicale sia giustificato – ha detto Mekel -; pensiamo invece che vada perseguito un equilibrio tra le necessità militari e le considerazioni umanitarie».
Israele è tra i grandi produttori di bombe a grappolo e l’ultimo dei Paesi ad averle utilizzate ampiamente. In occasione del conflitto del 2006 con Beirut, Gerusalemme ha bombardato di cluster bomb il Sud del Libano con il risultato di aver disseminato il territorio di centinaia di migliaia di bombe ancora inesplose, in grado di uccidere e mutilare. Le forze delle Nazioni Unite sono impegnate nella bonifica da questi ordigni; ma dopo la fine del conflitto decine di civili libanesi hanno perso la vita e centinaia sono rimasti feriti.