Sulle orme degli antichi pellegrini
Forse mai come oggi è stato facile viaggiare, uscire fuori dal proprio ambiente, passare da un Paese all’altro, conoscere gente diversa, vedere luoghi famosi, fare esperienze indimenticabili. È il fenomeno che si chiama «turismo». Viaggiare è naturalmente anche la prima necessità anche del pellegrino, sebbene si tratti solo di una condizione esterna. Ci chiediamo allora: che cosa spinge il credente ad intraprendere il viaggio verso Gerusalemme e la Terra Santa?
Alla base, bisogna riconoscere sempre, c’è una spinta interiore, un atteggiamento spirituale e una speciale grazia di Dio. Non è estraneo, naturalmente, l’aspetto umano: il sogno, il desiderio, la volontà, ma anche le parole e l’esempio di familiari e amici, e lo stimolo proveniente tanto dalle letture personali quanto dai vari e molteplici canali d’informazione di cui ogni giorno ci serviamo. Il pellegrinaggio non è tuttavia evento fugace o fatto moderno, ma esperienza diffusa e secolare, per non dire millenaria. Intraprendendo questo viaggio ci mettiamo sui passi di tanti altri, uomini e donne.
Camminando con loro sentiamo che il loro cuore e i loro occhi non sono poi così diversi dai nostri. A volte vediamo le stesse cose, a volte ne vediamo di diverse, ma possiamo sempre confrontarci con loro, spesso condividerne lo spirito, associarci alle loro reazioni, lasciarci guidare dalle loro esperienze nel compiere anche noi le nostre. A nostro parere, nessuno rappresenta questo spirito meglio di Egeria, famosa pellegrina del quarto secolo. Essa scrive: «Vedevo infatti molti santi monaci che venivano da quel posto Gerusalemme per visitare i Luoghi Santi e per pregare. Essi parlandomi di quei medesimi e singoli luoghi, mi fecero venire il desiderio di affrontare quella fatica, se fatica può propriamente (dirsi) quella di chi vede realizzarsi il proprio desiderio» (Itinerario, XIII,1).