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Livni secondo gli arabi

22/09/2008  |  Milano
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Livni secondo gli arabi
Tzipi Livni, leader di Kadima, da ieri tenta di formare un nuovo governo.

Tzipi Livni - dunque - è il nuovo leader di Kadima. E dopo le dimissioni presentate ieri da Ehud Olmert ora ha 42 giorni per formare un nuovo governo in Israele. Delle difficoltà interne che dovrà affrontare e degli umori dell'opinione pubblica israeliana si è già parlato molto in questi giorni. Ma come guarda il resto del Medio Oriente a questa figura? Rilanciamo tre articoli interessanti su Tzipi Livni usciti in queste ore su giornali o siti del mondo arabo.


Tzipi Livni – dunque – è il nuovo leader di Kadima. E dopo le dimissioni presentate ieri da Ehud Olmert ora ha 42 giorni per formare un nuovo governo in Israele. Delle difficoltà interne che dovrà affrontare e degli umori dell’opinione pubblica israeliana si è già parlato molto in questi giorni. Ma come guarda il resto del Medio Oriente a questa figura? Rilanciamo tre articoli interessanti su Tzipi Livni usciti in queste ore su giornali o siti del mondo arabo.

Interessato alla novità sembra il saudita Arab News, il quotidiano moderato per eccellenza, che rilancia un articolo scritto da Fania Oz-Salzberger per Project Syndicate, un’agenzia giornalistica internazionale. In questo articolo la Livni è dipinta come una donna che crede in un Israele moderno e democratico, in cui «i rabbini e i generali stanno al loro posto». Un Paese che «tiene alla comunità internazionale e si impegna seriamente a promuovere la pace con i propri vicini arabi e l’uguaglianza per tutti i suoi cittadini». Rispetto al negoziato con i palestinesi, stando all’articolo pubblicato da Arab News la Livni sarà durissima nell’opposizione al «diritto al ritorno» dei profughi; però «i territori per lei non sono santi». E su questo il quotidiano saudita probabilmente ha ragione: pochi lo ricordano, ma all’interno del governo israeliano – tra il 2004 e il 2005 – l’allora ministro della Giustizia del Likud Tzipi Livni ebbe un ruolo importante nell’elaborazione del Rapporto Sasson, il primo e unico documento ufficiale in cui Israele abbia mai messo in discussione la sua politica rispetto agli insediamenti.

Più pessimista rispetto a quella di Arab News è l’analisi proposta su Gulf News (cioè a Dubai) dal giornalista giordano Osama Al Sharif. Più che sulla persona di Tzipi Livni, però, l’articolo pone l’accento sulle contraddizioni interne alla democrazia israeliana. «Se la Livni formerà il prossimo governo – scrive Al Sharif – erediterà le stesse sfide sulle quali il suo predecessore, Olmert, ha fallito. Dovrà decidere il destino di un processo di pace travagliato e affrontare questioni incandescenti come Gerusalemme occupata, la terra, le colonie e la fisionomia del futuro Stato palestinese. L’impressione è che – come Olmert – la Livni non abbia il profilo politico per firmare un accordo storico con i palestinesi. Come "capo negoziatore" dell’attuale governo la Livni non ha dimostrato lo spessore necessario per fare "dolorose" concessioni. La contraddizione tra la tanto celebrata democrazia israeliana, che ha proiettato la Livni ai vertici della politica israeliana (almeno per ora) e la dura realtà dei territori occupati – è la conclusione del commentatore di Gulf News – non sarà mai denunciata a sufficienza».

Infine è molto interessante leggere il commento di Uri Avnery, storica voce del pacifismo israeliano, rilanciata dal sito palestinese Amin. Avneri – sempre critico sulle politiche dei governi del proprio Paese (famosa nel 2000 la sua definizione «criminale di pace» appioppata a Barak) – è probabilmente uno degli israeliani più letti in arabo. E quindi è interessante l’apertura di credito che riserva alla Livni. Non tanto per l’ovvio favore rispetto all’ipotesi del «falco» Mofaz, l’ex capo di stato maggiore dell’esercito sconfitto nelle primarie di Kadima. Ma perché Avneri non si scompone nemmeno di fronte al legame storico tra la famiglia Livni e il leader della destra revisionista Zeev Jabotinski. Che è poi il padre fondatore della corrente politica nel cui alveo è nato il Likud. Ed è l’uomo che teorizzava un Israele sovrano su entrambe le sponde del Giordano (e dunque anche sui territori palestinesi). Da sinistra Avneri prova a spezzare una lancia in favore di Jabotinski: sottolineando la matrice liberale della sua impostazione politica; e invitando a distinguere tra quella che era la sua idea e quello che ne hanno fatto i suoi nipotini ideologici. Lo definisce «un patriota, più che un nazionalista». E dice che la Livni potrebbe seguirlo, riconducendo il «revisionismo» israeliano alle sue origini. Attraverso la rinuncia al mito ormai impossibile del grande Israele.

Tre letture diverse. Ma nessuna pregiudizialmente ostile a Tzipi Livni. Il mondo arabo per ora sta a guardare. Ma l’impressione è che un’interlocutrice come il nuovo leader di Kadima sia visto molto meglio di Olmert anche dall’altra parte della barricata.

Clicca qui per leggere l’articolo di Arab News

Clicca qui per leggere l’articolo di Gulf News

Clicca qui per leggere l’articolo di Uri Avnery rilanciato da Amin

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