L'intento del libro Galilea, edito in Italia dalla Paideia, è di offrire, con un approccio multidisciplinare, un quadro il più articolato possibile di quella che fu la Galilea agli albori dell'era cristiana. Quella culla di due importanti esperienze religiose - il cristianesimo e il giudaismo rabbinico - è ancor oggi insufficientemente studiata e resta quasi ignota al grande pubblico, che nella migliore delle ipotesi ha sentito ricorrere il toponimo nelle narrazioni dei Vangeli. L'autore è Richard A. Horsley, docente all'Università del Massachusetts, di Boston.
(d.c./g.s.) – L’intento del libro Galilea, edito in Italia dalla Paideia, è di offrire, grazie a un approccio multidisciplinare, un quadro il più articolato possibile di quella che fu la Galilea agli albori dell’era cristiana. Culla di due importanti esperienze religiose – il cristianesimo e il giudaismo rabbinico -, è ancor oggi insufficientemente studiata e resta quasi ignota al grande pubblico, che nella migliore delle ipotesi ha sentito ricorrere il toponimo nelle narrazioni dei vangeli.
Autore dell’opera è lo storico statunitense Richard A. Horsley, docente all’Università del Massachusetts, di Boston che ha già al suo attivo numerosi studi sul cristianesimo delle origini e sull’ambiente sociale, storico e politico di quella che noi oggi conosciamo come Terra Santa.
Il volume si articola in 12 capitoli organizzati in tre parti. La prima parte è dedicata alla storia della Galilea, la seconda ai «governanti della Galilea in età romana», la terza alle «comunità galilee di villaggio».
Nell’indispensabile Introduzione al testo, Horsley spiega che «la rifioritura della ricerca sul Gesù storico, gli studi di letteratura rabbinica e le indagini archeologiche hanno condotto a un rinnovato interesse per la Galilea. I problemi dell’insegnamento e dell’attività di Gesù esigevano informazioni sul contesto del suo ministero: i suoi aforismi improvvisamente sembrarono privi di significato in assenza di un qualche contesto vitale in cui potessero essere collocati. Al pari dei detti di Gesù, i precetti rabbinici non parvero sufficienti se intesi come insegnamenti astratti rivolti a chiunque, ovunque e in qualsiasi tempo. E gli archeologi hanno rinvenuto attestazioni materiali della vita tanto urbana quanto rurale, di lingua sia greca sia ebraica e aramaica, e di simboli apparentemente pagani oltre che giudaici nei motivi ornamentali delle sinagoghe. La conoscenza che si aveva della Galilea non era pronta a questa improvvisa nuova fioritura di interessi e informazioni» ( p. 15).
Il volume si pone nel novero dei testi storico-scientifici. Le sue pagine richiedono una lettura calma e tesa ad approfondire la conoscenza sul versante storico e socio-religioso. Non per questo il libro è meno interessante e necessariamente ostico.
Horsley mette in discussione convinzioni comunemente diffuse come l’esistenza di antinomie tra giudei-cristiani e giudaismo-ellenismo, o anche il ruolo guida esercitato dai farisei nelle comunità, tramite le sinagoghe.
Per questa indagine, spiega l’Autore, «possono dimostrarsi utili numerose risorse accademiche, ad esempio archeologia, storiografia, scienze politiche, sociologia storica, antropologia, studi di civiltà comparate ed etnografia. Biblisti e storici del giudaismo hanno appena iniziato a utilizzare le "scienze sociali" negli studi loro propri» (p. 23).
«La tendenza a suddividere, specializzare e moltiplicare i campi (come negli studi biblici contemporanei) non favorisce la comprensione del tutto. A rischio d’essere in qualche modo informato su molto ma effettivamente competente in nulla, tenterò quindi di fare appello a discipline interdipendenti e che anche si sovrappongono per sollevare problemi, vagliare fonti e in generale approfondire ciò che sappiamo e ciò che ignoriamo delle vicende della Galilea antica» (p. 29). Questa è la metodologia di Horsley, questo l’itinerario che attende il lettore.