L'esercito israeliano schierato per difendere la raccolta delle olive palestinesi. È successo le scorse settimane nei campi di ulivi del villaggio di Beit Furik, vicino alla città palestinese di Nablus. L'iniziativa dell'esercito israeliano, non nuova, avviene nell'ennesima stagione segnata da episodi di violenza nei confronti dei contadini palestinesi da parte dei coloni. Ogni anno i contadini palestinesi, tra ottobre e novembre, si recano nei campi di loro proprietà a raccogliere le olive, loro importante fonte di sostentamento.
L’esercito israeliano schierato per difendere la raccolta delle olive palestinesi. È successo le scorse settimane nei campi di ulivi del villaggio di Beit Furik, vicino alla città palestinese di Nablus. «Sono felice che l’esercito ci protegga mentre raccogliamo le olive -ha spiegato al quotidiano israeliano Haaretz, Nidam Hanani, contadino palestinese di Beit Furik-; sono sette anni che non riusciamo a raccogliere le olive a causa dei coloni israeliani che ce lo impediscono. E questo è anche il motivo per cui i nostri alberi sono in cattivo stato; da sette anni non riusciamo a prendercene cura».
L’iniziativa dell’esercito israeliano, non nuova, avviene nell’ennesima stagione segnata da episodi di violenza nei confronti dei contadini palestinesi da parte dei coloni. Ogni anno i contadini palestinesi, tra ottobre e novembre, si recano nei campi di loro proprietà a raccogliere le olive, loro tradizionale e più importante fonte di sostentamento. Spesso però gli uliveti si trovano nei pressi di nuovi insediamenti israeliani oppure rimangono dalla parte israeliana del muro «di protezione» voluto dal governo Sharon. Questa situazione porta ogni anno, durante la raccolta delle olive, a tensioni e violenze: i coloni israeliani sabotano la raccolta dei palestinesi, perché rivendicano il possesso dei campi o una loro neutralità per motivi di sicurezza, mentre diverse associazioni umanitarie internazionali si affiancano ai coltivatori palestinesi per proteggerli nella legittima raccolta.
Nei pressi della città di Hebron, all’inizio di ottobre, sono stati registrati scontri tra coloni e attivisti dell’associazione Rabbini per i diritti umani, presenti nei campi di ulivi di 40 villaggi palestinesi diversi, per proteggere il lavoro dei contadini palestinesi. Sempre vicino a Hebron a metà ottobre, i coloni hanno aggredito due fotografi e un’attivista inglese dei Christian Peacemaker Teams, associazione internazionale che si proponeva come scudo umano a favore dei contadini. Un gruppo di volontari italiani dell’associazione Pax Christi tra ottobre e novembre ha realizzato un campo di raccolta di olive presso il villaggio palestinese di Aboud, nei pressi di Ramallah; villaggio in cui la presenza cristiana è particolarmente consistente. «Nella nostra zona non abbiamo mai avuto problemi durante la raccolta – ci ha raccontato padre Firas Nassib Arida, sacerdote della comunità cristiana di Aboud -; anche se il muro costruito da Israele taglia in due le terre del villaggio e molti campi palestinesi oggi si trovano dalla parte israeliana. Durante la raccolta, però, sono aperti dei passaggi nel muro; i contadini palestinesi possono passare liberamente e gli israeliani non si sono mai opposti alla raccolta. Questo atteggiamento di rispetto contribuisce alla convivenza pacifica. Diversa la situazione vicino alle città di Nablus e Hebron, dove le tensioni e le violenze sono ancora gravi».