Ci sono temi che in Medio Oriente vengono continuamente rinviati in nome di questioni «più serie» come «la sicurezza» e «la fine dell'occupazione». Sui quotidiani di questi giorni troviamo alcuni esempi interessanti riguardanti due grandi questioni: la tutela dell'ambiente e la cultura della tolleranza. A partire da casi molto concreti: l'inaugurazione di un nuovo parco archeologico a Tiberiade, le prospezioni petrolifere nel deserto di Giuda, la creazione di un Museo della tolleranza a Gerusalemme.
Ci sono temi che in Medio Oriente vengono continuamente rinviati in nome di questioni «più serie» come «la sicurezza» e «la fine dell’occupazione». Sui quotidiani di questi giorni troviamo alcuni esempi interessanti riguardanti due grandi questioni: la tutela dell’ambiente e la cultura della tolleranza.
Partiamo dall’ambiente. Il Jerusalem Post ci racconta che le autorità israeliane hanno dato il via libera ad alcune compagnie petrolifere per compiere sondaggi sulla presenza di petrolio nel Deserto di Giuda. Si parla di quantitativi abbastanza modesti (6,5 milioni di barili), eppure sufficienti per passare sopra al fatto che si trovano nel mezzo di una riserva naturale. La decisione ha fatto infuriare gli ambientalisti, che ricordano come il Deserto di Giuda sia un ecosistema unico al mondo. Il timore è che venga danneggiato dalle trivellazioni. Ma il petrolio è il petrolio. E in un Paese come Israele – circondato da nemici che hanno proprio nei giacimenti di oro nero il loro punto di forza – non ci sono obiezioni verdi che tengano. Del resto che l’ecologia non sia proprio una priorità in Israele (esattamente come nei Paesi arabi) lo conferma anche un’altra notizia riportata da Haaretz: nonostante da mesi nel Paese si parli del problema del calo record del livello delle acque del lago di Tiberiade, martedì proprio la municipalità di Tiberiade ha inaugurato un nuovo «parco archeologico» verdissimo, dove non si è fatta alcuna economia sugli impianti di irrigazione. Il tutto per una struttura che – per di più – è contestata anche dagli archeologi, secondo cui in quella zona ci sarebbe ancora molto da scavare. Invece la municipalità ha avuto fretta di sfruttarla a fini turistici. Ancora più sconcertante, poi, è il fatto che all’inaugurazione fosse presente il ministro dell’ambiente israeliano. Che – a chi gli faceva notare lo spreco d’acqua – ha risposto che il controllo delle risorse idriche non rientra tra le sue deleghe…
Secondo tema: la tolleranza. Nei giorni scorsi è arrivata la sentenza della Corte Suprema che, nel quartiere di Mamilla, ha dato il via libera alla costruzione del Museo della tolleranza che il Centro Wiesenthal vorrebbe costruire su un’area dove un tempo sorgeva un cimitero musulmano. La vicenda si trascina da anni: sul bimestrale Terrasanta l’avevamo raccontata già nel maggio 2007, nel dossier sui quarant’anni della «riunificazione» di Gerusalemme. L’alta corte ha dato il via libera sulla base di una vecchia fatwa secondo cui quello è un cimitero abbandonato e quindi sarebbe edificabile. Ma – come ci informa l’agenzia palestinese Maan – a Gerusalemme i musulmani adesso stanno già scendendo in piazza per protestare. Si sta creando, dunque, l’ennesima occasione d’attrito con gli arabi israeliani. Ora: in tutta questa vicenda il vero paradosso è proprio l’idea di costruire un Museo della tolleranza in un luogo che offenderebbe qualcuno. Che tolleranza è? Possibile che non si possa trovare una formula per far convivere l’idea di un luogo che educhi alla tolleranza con il ricordo del fatto che proprio a Mamilla – nel cuore dell’odierna Gerusalemme ebraica – una volta sorgeva un cimitero musulmano? Tra l’altro il luogo in questione si trova vicino ai Giardini dell’indipendenza, il parco che ricorda la nascita dello Stato d’Israele nel 1948. Realizzare a Mamilla – al posto di un Museo – un «Giardino della tolleranza», con una lapide che ricordi anche l’ex cimitero islamico, non sarebbe un modo per riempire di significati (anziché di cemento) un luogo del genere?
In Medio Oriente – come ovunque in queste ore nel mondo – tutti si interrogano per capire che cosa cambierà con Barack Obama. Ebbene: proprio la sensibilità per le questioni ambientali e il tema della tolleranza sono stati due pilastri importanti della campagna elettorale del nuovo presidente degli Stati Uniti. E se invece di lasciarci contagiare da un messianismo abbastanza improbabile, provassimo a ripartire da passi concreti su queste due grandi sfide?
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