Frutti positivi nei rapporti tra Israele e mondo arabo all'incontro svoltosi il 12 e 13 novembre al quartier generale dell'Onu sul tema «Promozione del dialogo interreligioso e interculturale, la comprensione e la cooperazione per la pace». Il meeting è stato celebrato a New York in occasione di una riunione plenaria dell'assemblea delle Nazioni Unite e vi hanno preso parte le delegazioni di 75 governi. A rendere speciale l'incontro - nella prospettiva del dialogo arabo israeliano - è stata la partecipazione di Shimon Peres, presidente dello Stato d'Israele, e del ministro degli Esteri Tzipi Livni, ma anche il fatto che a promuovere la conferenza sia stato il re d'Arabia, Abdullah bin Abdu-Aziz Al-Saud.
(c.g.) – Frutti positivi nei rapporti tra Israele e mondo arabo all’incontro svoltosi il 12 e 13 novembre al quartier generale dell’Onu sul tema «Promozione del dialogo interreligioso e interculturale, la comprensione e la cooperazione per la pace». Il meeting è stato celebrato a New York in occasione di una riunione plenaria dell’assemblea delle Nazioni Unite e vi hanno preso parte le delegazioni di 75 governi, in molti casi (come quelli di Usa, Pakistan, Afghanistan, Giordania e parecchi altri) guidate dai capi di Stato. Ciò che ha reso l’incontro unico – nella prospettiva del dialogo arabo israeliano – è stata la partecipazione di Shimon Peres, presidente dello Stato d’Israele, e Tzipi Livni, ministro degli Esteri; ma anche il fatto che a chiedere la conferenza sia stato il re d’Arabia, Abdullah bin Abdu-Aziz Al-Saud.
«Quello di cui siamo stati testimoni oggi non è la conclusione ma l’inizio di una nuova storia», ha commentato Shimon Peres nel corso della conferenza. Ha poi osservato: «Al posto dei tre "no" tipici dell’approccio arabo nei confronti di Israele – no al riconoscimento, no ai negoziati, no alla pace – oggi abbiamo ascoltato una voce completamente diversa: una voce di amicizia, di comprensione, e anche una voce capace di esprimere l’idea che è arrivato il tempo di provare a portare una pace generale in tutto il Medio Oriente».
«L’iniziativa di re Abdullah invia un messaggio importante all’intera regione – ha spiegato il ministro Livni -: ovvero, che i conflitti dell’area non hanno nulla a che fare con le differenze tra le religioni e, allo stesso modo, non hanno niente a che vedere con le fedi. Il conflitto nasce dalla strumentalizzazione della fede da parte degli estremisti , che cercano così di impadronirsi del potere politico. D’altra parte, in questo periodo per la prima volta, c’è una comprensione crescente da parte dei leader regionali del fatto di non poter più permettersi di far prosperare l’estremismo dentro i propri confini».
«L’iniziativa di pace di re Abdullah ha sempre puntato a Israele e merita seria attenzione», ha sottolineato il principe Saud Al-Faisal, ministro degli Esteri saudita, che ha poi lamentato come il presidente Peres, nel suo intervento all’assemblea, non abbia toccato alcuni punti fondamentali. Anche il Segretario generale dell’Onu, Ban Ki-Moon, ha sottolineato l’importanza dell’iniziativa saudita per il dialogo interreligioso nella prospettiva della risoluzione del conflitto arabo-israeliano, osservando come però un ulteriore confronto vada incoraggiato.
I rappresentanti dei 75 governi presenti, al termine della Conferenza hanno presentato una Dichiarazione solenne in cui si afferma tra l’altro il «rigetto dell’uso della religione per giustificare l’uccisione di innocenti, le azioni di terrorismo, violenza e coercizione, che contraddicono per loro stessa natura l’impegno di tutte le religioni per la pace, la giustizia e l’uguaglianza».